14 giugno 2011

GRAZIE al 55,75 % DEGLI ITALIANI

Ho sempre odiato quelli che mandano gli sms o le mail firmando a nome del proprio figlio. Gli sms peggiori sono quelli del tipo: 'sono nato alle ore..., peso....e mi chiamo...
Ma oggi, 13 giugno 2011, è diverso e c'è una cosa che voglio firmare a nome di mio figlio Federico che ha solo 21 mesi. Mi prendo questa responsabilità. Ma penso di sapere che cosa pensino tutti i bambini a questo riguardo. I bambini vogliono un futuro senza pericoli. E' così facile da intuire.
Guardo lui e inevitabilmente lui è per me l'idea del futuro.
E so, ne sono sicuro, che oggi lui vorrebbe ringraziare quel 55,75% d'italiani che oggi sono andati a votare per dire no al nucleare e per dare un senso al nostro futuro. Per preservare, mai come in questo caso, il futuro dei nostri figli.
Grazie, firmato Federico (per gli amici Co o Fefè)

13 giugno 2011

IL MAGGIO SPAGNOLO

Guardate questo video sulla protesta pacifica delle piazze spagnole.
Sulla tv italiana tutto questo non è passato.
A Porta a Porta e a Matrix sono sempre troppo impegnati con i programmi sulle povere ragazzine massacrate e le diete estive. Che giornalisti ignobili.
Clic destro e 'full screen' per vedere le immagini ingrandite. Ne vale la pena.
Grazie agli amici cileni Marco e Carmen che me l'hanno mandato dall'isola di Chiloe dove ora è inverno e piove continuamente.
Un abbraccio anche a loro da un'Italia piena di sole e da oggi sicuramente senza il nucleare.
Max

#SpanishRevolution [ITA] from mikelee on Vimeo.

3 giugno 2011

I BELLI DENTRO E GLI STUDENTI DI MUSICA DI MAPUTO

La musica ha mille sfaccettature. E spesso le più affascinanti sono anni luce lontane dai riflettori della musica patinata e confezionata del music-business. Avete presente Lady Gaga? Ecco, non c’entra nulla.
Alcuni mesi fa vengo contattato dal mio amico Sergio dell’associazione Mezzo Busto per sapere se come Centro Espressione Musicale siamo disposti a lavorare su un progetto di didattica musicale all’interno della casa circondariale di Busto Arsizio. L’obiettivo è quello di scegliere dei detenuti che sappiano almeno qualcosa di musica per realizzare un gruppo musicale e poi piano piano condurli fino all’evento di un vero e proprio concerto.
Per il progetto scelgo Romeo, validissimo insegnante del Centro Espressione Musicale ormai avvezzo ad ogni sfida. Romeo insieme ad altri collaboratori del carcere selezionano i candidati poi crea il gruppo, fa riparare gli strumenti che non funzionano e insieme compriamo quello che manca per realizzare una vera band alla Blues Brothers. L’avventura inizia e Romeo dedica parte dei suoi lunedì al progetto. Mi racconta che il tastierista del gruppo non sa neanche suonare ma vuole imparare e il sassofonista suonava un po’ da bambino (peccato che bambino lo era ben trent’anni fa). Mah!? Vedo Romeo (detto anche The wizard) un po’ preoccupato ma alla fine pensiamo che se solo questi detenuti riesciranno a passare qualche ora diversa dalla routine quotidiana già sarà un ottimo risultato. Per il concerto chissà e forse non è poi così importante. Passano i mesi, preso dai mille progetti m’informo poco di quello che succede ogni lunedì in carcere e si arriva al pomeriggio di martedì 30 maggio, data del grande concerto. Prendo il mio biglietto d’invito che porta un’intestazione che non finisce più: “Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Provviditorato Regionale per la Lombardia, Direzione della Casa Circondariale di Busto Arsizio”. Già dall’intestazione capisco che si scherza poco. Anzi per niente.
Ma già arrivato davanti all’entrata c’è qualcosa che non ha l’effetto che immaginavo. Si sente nell’aria una strana aria di festa. Vedo qualche famiglia con il biglietto d’invito, anche un paio di bambini. So che per questo concerto ai detenuti-musicisti è stato concesso d’invitare le proprie famiglie. Lascio i documenti all’entrata e una guardia carceraria mi scorta fino al cortile interno dove è montato un grande gazebo. Non sembra neanche di essere in un carcere. I soliti preparativi di un concerto di piazza, qualche famiglia, persone, gente di vario tipo. Ti chiedi chi siano i detenuti e non lo puoi capire (Romeo se non sapessi che è Romeo penserei assolutamente che è un detenuto, ma questo è un altro discorso). Ci sono sorrisi, pacche sulle spalle e gli in bocca al lupo. Il concerto tra poco sta per iniziare e mi presentano il sassofonista, certamente di Napoli. E’ in ansia, aspetta la moglie e i tre figli che gli hanno promesso di arrivare ma non ci sono ancora. Un lungo viaggio, molte spese per vedere un padre, un marito che dopo trent’anni ha riscoperto il sax contralto tra le mura di un carcere. Pochi minuti prima dell’inizio quella famiglia spunta dal fondo del cortile. E’ dura la puntualità quando hai dieci ore di treno sulle spalle e arrivati alla stazione di Busto Arsizio devi anche scoprire se esiste un autobus che ti porta fino al carcere che sta dall’altra parte della città (ma esiste un autobus per questa gente?). E dove andranno a dormire usciti di lì? L’abbraccio che ne segue a due metri da me mi lacera. Da quanti mesi non si vedranno? Da quanto non si stringeranno in quel modo? Solo qualche secondo per affondare la faccia tra il collo e la spalla di un padre, sentirne l’odore, farsi inondare da quell’odore così rassicurante. Lo è sempre l’odore di un genitore per un figlio.
Inizia il concerto: il presentatore sciolto con il microfono in mano è anche lui un detenuto, compagno di cella del bassista brasiliano. Presenta il gruppo: i BELLI DENTRO. Tutti ridono. Mano male che c’è lui che presenta e non il solito politico di turno. Le autorità questa volta stanno ad ascoltare. Parte la musica e nota dopo nota mi sorprendo sempre di più: mi arriva addosso con la potenza di un’emozione rara. Altroché. Una musica che ha veramente dentro di sé la voglia di arrivare, di farsi sentire. Non è retorica: come fa un tastierista a suonare così dopo soli tre mesi? E’ un genio o è la voglia di rivalsa? La scoperta di un talento o il bisogno di attaccarsi con tutte le forze a qualcosa?
Il sassofonista vedo che cerca con lo sguardo tra il pubblico la famiglia e in quel momento è l’uomo più fiero che il genere umano abbia mai avuto. Intercetto sua moglie che lo guarda con degli occhi talmente innamorati che genera un’energia che irradia anche chi gli sta vicino. Sarò rincoglionito dall’ambiente ma questi Belli Dentri mi sembrano di una bravura sopraffina. Hanno tiro, un tiro pazzesco. Il batterista ha più di 60 anni ed è un treno. Un’ora e mezzo di musica scorre in un baleno tra applausi e gli sguardi fieri anche delle guardie carcerarie. Da quanto tempo non sentivo suonare del rock and roll anni cinquanta? Alla fine prende la parola anche il sindaco di Marnate che per quest’iniziativa ha donato attrezzature, impianti audio e quant’altro. Anche il sindaco è emozionato: dice che canta in una corale e a questo concerto ha voluto portare molti ragazzi della corale per far vedere cos’è un carcere da dentro. Lui in questo carcere segue alcuni detenuti e al microfono, con la voce che s’incrina, dice che imparando a conoscere i detenuti è diventato una persona migliore. Ed è una delle poche volte che vedo che un politico si emoziona. Ed è una poche volte che un politico mi convince. Poi prende la parola una dirigente del carcere e anche in lei vedo l’emozione ma anche la determinazione, la voglia di far vedere che il carcere è anche un luogo differente da quello che tutti immaginiamo.
Ascoltando questo gruppo suonare immerso nel cuore di un carcere, tra i migliaia e migliaia di metri cubi di cemento armato e di acciaio di sbarre ho ripensato anche alla grande emozione che ho avuto lo scorso autunno nel mio tour in Africa. Venti giorni meravigliosi suonando tra il Mozambico, lo Zimbabwe e il Sud Africa. Concerti prestigiosi, ambasciatori, consoli (anche Romano Prodi spuntato a una pizzata informale a Johannesburg al quale abbiamo dedicato un “Summertime”) eppure il momento più emozionante è stato quando ci hanno portato in un’università poverissima di Maputo per tenere dei seminari di musica ai degli studenti universitari. Fabrizio Mocata ed io abbiamo passato alcune ore con gli studenti di pianoforte, alcune decine. Due soli pianoforti distrutti a disposizione di tutti studenti. Nessuno di loro ha una tastiera a casa su cui esercitarsi. A casa studiano su un asse di legno con disegnati i tasti. La carta pentagrammata non sanno cosa sia. Tracciano le cinque righe su delle vecchie agende di fine anni ’90 che chissà chi gli ha regalato. Eppure non mi è mai capitato in ormai tanti anni che insegno musica di trovare tanta attenzione, tanta sete d’imparare, di assorbire. Se mettevamo una mano su un pianoforte erano in venti attorno a noi, rispettosissimi ed educati, che volevano vedere, capire, intuire una diteggiatura corretta, un accordo che non conoscevano. Sete di conoscenza. Energia allo stato puro. Magia della musica: nel carcere di Busto Arsizio così come tra gli studenti di Maputo.
Grazie alla musica e alle mille e mille persone che la fanno in mille e mille modi differenti.

Max De Aloe



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