28 novembre 2012

Faustone Beccalossi e la sua meravigliosa musica


Fausto Beccaolossi è uno dei musicisti jazz italiani più interessanti che ci siano e penso che sia tra più originali fisarmonicisti a livello internazionale. La critica italiana l'ha quasi sempre ignorato, sarà anche perchè Fausto è una per...
sona schiva e modesta. Sempre attento alla musica e non a tutto quello che ci gira intorno. Qualche anno fa è arrivato uno dei più grandi chitarristi internazionali, Al di Meola, e l'ha preso nel suo gruppo e Fausto ha iniziato a portare la sua fisarmonica Zero Sette (comprata usata da un suo allievo) in giro per il mondo. Non sono mai stato così orgoglioso come in questo caso di un successo di un collega e di un amico. Fausto merita questo e molto altro. La critica italiana continua ad ignorarlo impantanata nei soliti nomi. In queste settimane, periodo di votazioni di referendum musicali, per quello che può valere, ricordo agli addetti ai lavori che esiste questo artista unico. Un musicista che ha eliminato dalla fisarmonica tutti gli orpelli dei tecnicismi esasperati per elevare questo strumento a nuovo rango. In questo video insieme a Al Di Meola e il grandissimo Gonzalo Rubalcaba nel meraviglioso festival di Marciac. Cosa vogliamo di più? Bravo Faustone.
 

17 novembre 2012

BOOKCITY, LE VOCI NELLA MIA TESTA (E LA MUSICA GRATIS)….riflessioni di un musicante di jazz


Un sacco di volte vorrei dire delle cose poi sto zitto. Ho delle voci nella mia testa molto simili a quelle che aveva Learco nel romanzo di Paolo Nori che mi dicono di stare zitto. Io sbuffo e loro mi dicono: “smettila!!!”. E io sbuffo ancora e loro dicono: “Ma che noia che sei, smettila di sbuffare e vai avanti per la tua strada”. Io vado per la mia strada e faccio le cose della mia vita che mi piacciono un sacco ma proprio tanto ma capita che arriva qualcosa proprio sulla mia strada che mi fa sbuffare. Le voci nella mia testa hanno anche gli occhi e certe volte mi guardano con compatimento poi si guardano tra loro come dire “poverino”. Poi ogni tanto non resisto e dico delle cose e le voci nella mia testa mi dicono: “A cosa ti serve? Vedrai, vedrai, non porta niente di buono criticare”. E si girano indispettite e alcune volte non mi parlano per giorni perché fanno le offese. “Te stai al tuo posto, suona la tua armonichina e non fare il criticone che poi sembri che sei invidioso e cinico e palloso e di qua e di là” – mi dicono. “Che poi suoni un strumento che non è neanche vero” – mi dicono, per ferirmi nel profondo. Da un po’ ho qui una cosa che però vi voglio raccontare. In questi giorni è partita l’avventura di BookCity a Milano. Ottima rassegna con ottimi scrittori. Veramente, una bella cosa. E Milano è tutto un brulicare di Cultura (quella con la C maiuscola) e c’è anche l’assessore architetto che fa un figurone. Ma poi penso alla mail che mi hanno scritto tempo fa quelli di BookCity dove c’era scritto che loro sarebbero stati interessati al mio faccione che avrebbe fatto “fi ri fi” con la sua armonichina ma che BookCity i musicisti non li paga oppure se li pagano direttamente gli editori dei libri. Allora io ho sbuffato ma le voci nella mia testa mi hanno detto: “zitto, stai zitto e rispondi con educazione che allora non t’interessa”. Io ho risposto con educazione dicendo che stavo a casa mia. E ho archiviato. Poi tutti in questi giorni a Milano parlano di BookCity e allora io son tornato a chiedermi qual’è la ragione per cui i musicisti debbano suonare gratis? Ma soprattutto quanto coraggio ci vuole a scrivere nero su bianco che per un’iniziativa di grande respiro culturale (e di dispendio di risorse economiche come questa) il musicista professionista dovrebbe suonare gratuitamente? E qui le voci nella testa mi urlano all’unisono “Palloso, sei un palloso! Pensa a suonare”. Anche la mia amica e grande arpista Marcella Carboni quando andiamo in giro a suonare e viaggiamo sulla sua Passat verde con 310.000 chilometri (ora ne ha comprata un’altra raggirando un rumeno ma questa è un’altra storia) mi dice che sono un brontolone e mi dice che le critiche si fanno indirettamente con la propria musica. E lei, che è colta e anche tanto simpatica, mi cita Duke Ellington che non ha mai fatto politica nella sua vita poi un giorno ha fatto “Black, Brown and Beige” e la musica è diventata protesta. Io alla Marci le rispondo che secondo me Duke era anche un po’ un filibustiere e che invece mi ritrovo di più con Mingus e il suo festival alternativo e la sua etichetta indipendente (ecco qui che le voci si guardano e con il labiale dicono “che paaaaalle questo qui!! Che paaaalle!! Che proprio a noi doveva capitare? ). Anche la Marci mi guarda certe volte e dice “Hai ragione” ma intanto pensa: “che palle ma proprio con uno che suona l’armonica dovevo collaborare?”. E mentre mi dice che ho ragione sta sorpassando un camion a 130 orari sulla provinciale (con un navigatore che parla in giapponese, ma anche questa è un’altra storia” ). Però io una cosa ai musicanti più giovani la vorrei dire e che è quella di suonare gratis solo quando ha un significato. E mi ritrovo con quello che ha scritto tempo fa il mio amico Massimo Beretta e che pensiamo in tanti. Suonare gratis ha un senso profondo per un musicista che non è quello di svendere il proprio talento e la propria professionalità ma quella di un regalo, di un servizio che si può fare quando ha un significato e un obiettivo. E concordo con Filippo Bianchi e con l’idea del suo primo festival dove Rino Gaetano, Gabriella Ferri e molti altri suonarono gratis per riunirsi intorno a un’idea. Oggi ci sono meno possibilità di lavorare per tutti noi. Il nostro lavorare meno o addirittura poco collima con l’impossibilità di esprimere qualcosa di profondo che abbiamo dentro ma non per questo lo dobbiamo svendere. Per noi musicisti abituati a confrontarci con un pubblico, con un progetto musicale fin da ragazzini il fatto di non potersi esibire entra in conflitto con la nostra stessa essenza, con il nostro modo di essere. Non suonare è doloroso per noi ma non ci facciamoci fregare. Possiamo ridurre i cachet, fare qualche sacrificio e soprattutto cercare di essere propositivi, inventarci qualcosa noi. La figura dell’artista che sta a casa ad aspettare la telefonata di lavoro e che qualcuno lo coinvolga è sorpassata da tempo. Diamoci da fare con più umiltà e spirito di iniziativa. Ma essere modesti non vuol dire farsi prendere in giro. Inoltre vi assicuro, cari musicanti un po’ più giovani, di non credere a chi vi dice che se andate a suonare la prima volta gratis avrete poi la possibilità di suonare successivamente con un cachet. Sarete per sempre per quegli organizzatori musicisti che valgono poco e che suonano gratis. Non tutti sanno comprendere la qualità e spesso ciò che è gratis è considerato come qualcosa che vale poco (..le voci nella mia testa in questo momento stanno zitte e io quando stanno così zitte mi preoccupo..). In questo momento di difficoltà la mia stima cresce per tutti coloro che nel loro piccolo continuano ad organizzare musica e a pagare i musicisti. Locali, club, piccole rassegne gestite da appassionati che continuano a darci non solo lavoro ma la possibilità di essere noi stessi. Ci danno la dignità del lavoro. Che nel nostro caso è un lavoro meraviglioso, appassionante ma pur sempre un lavoro. Questa sera suonerò in una cascina in un bosco dove ci potranno stare al massimo 50 persone e domani sera con il grande Attilio Zanchi in un ristorante di appassionati di jazz di Milano. Grazie ai proprietari di questi luoghi che ci danno la possibilità di esserci con la nostra musica e, sono convinto, di far star bene il pubblico che verrà ad ascoltarci. Piccole cose ma che hanno un valore anche maggiore dei grandi festival. Piccole cose che tengono insieme il tessuto connettivo della cultura, quella con la c minuscola, quella sincera e non mediata dalle solite menate. Ma che tengono in piedi un’economia. L’altro giorno una mia amica (voci nella mia testa, fate silenzio!!!!) mi diceva che forse a me piace suonare nelle “latterie” e me lo diceva sorridendo sapendo la mia risposta. Che lei è furba. A noi musicanti piace suonare dove c’è chi voglia ascoltarci e soprattutto rispetto della nostra musica e di noi. E il rispetto passa anche attraverso non chiederci di suonare gratis. Le voci nella mia testa continuano a stare in silenzio ma sanno che forse ho ragione. Marcella Carboni ride e la mia amica mi aspetta nella latteria dove anche a lei piace un sacco stare. Buon sabato a tutti e ci vediamo più tardi nel concerto alla cascina nel bosco (per chi non andrà a BookCity). Max

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