24 aprile 2007

Nanuk l'eschimese, i Q3 e Giovannona Coscialunga



Per posta mi arrivano molti cd di jazz e una valangata di mail di musicisti che si propongono per il Festival Jazz di Gallarate. Un numero spropositato, neanche fossimo Montreux o Umbria Jazz o il meraviglioso e ricco festival dell’Aia. Cerco di rispondere a tutti e soprattutto ascolto, insieme ad altri amici del Centro Espressione Musicale, il materiale che ci arriva. Purtroppo il festival di Gallarate, per quanta cura, amore e passione ci si metta ad organizzarlo ha soltanto tre serate l’anno. Percui gli esclusi sono tanti, troppi purtroppo.
Tra i cd mi è arrivato nei mesi scorsi “On cue”, opera prima di un trio di Lugano i Q3. La prima cosa che mi colpisce è la grafica del cd, moderna, accattivante, studiata nei particolari che rispecchia la stessa idea del sito. Una novità, in quanto il design dei cd e dei siti nel mondo del jazz spesso lascia a desiderare. Negli ultimissimi anni la cosa è migliorata ma penso che nei cd di jazz italiano ci siano le peggiori copertine della storia della musica. Tra i primi posti dell’orrido, e non mi vergogno a dirlo, il mio cd cofirmato in trio con Massimo Moriconi e Mike Melillo dedicato a Matt Dennis e Bruno Martino (e la sostanza musicale non è molto meglio….).
Ascolto “On cue” e scopro una freschezza musicale e una modernità nella scelta dei suoni e del modo di proporsi verso l’idea del jazz targato terzo millennio. Se analizzati singolarmente i musicisti non sono certo dei grandi virtuosi (per fortuna!! sono troppo stanco di tutti quelli che vogliono mettere in un brano tutto quello che sanno fare) ma l’insieme è molto interessante. Si sente che c’è la tradizione del jazz ma anche l’amore per il “drum and bass”, per le sonorità funky rock anni ’70, per la musica che arriva dal Nord Europa e chissà quant’altro.
Ci faccio un pensierino, ma sento la necessità di andarli ad ascoltare dal vivo.
Tra le date del loro sito vengo incuriosito da un concerto al Teatro di Chiasso. I Q3 mettono in scena la musicazione di un film muto dal titolo “Nanuk l’eschimese” . Ci scriviamo per mail con il batterista Brian. Parto con il mio amico Gigi alla volta di Chiasso. Ma Chiasso è in Italia o già in Svizzera? Gigi mi rassicura che è già in Svizzera. E’ vero mi dico, ci andavo a comprare il tabacco per la pipa. Vabbè, ma questo poco conta. Anche se a me la dogana mette sempre ansia!!! Sarà per i dognanieri. Un po’ come tutte le divise. Persino i metronotte. Alla mia ignoranza geografica si aggiunge quella topografica di Gigi che fa tanto l’esperto di Chiasso (sarà per certi localini appena dopo confine?) ma in realtà mi porta in un paesino che non c’entra una mazza. Chiediamo a una Svizzerotta che ci indica la strada (solite battute sull’accento e altro che è meglio tralasciare!!!).
Arriviamo in teatro e veniamo sorpresi da un pubblico eterogeneo tra cui molti giovani e giovanissimi che si leggono il programma di sala (ma come? Giovanardi l’altro giorno in tv diceva che i giovani sono tutti in giro a fare le stragi sulle strade e ad ubriacarsi e a fare i filmati con i videofonini?). Anch’ io e Gigi leggiamo il programma di sala e, ignoranti come capre, scopriamo che Nanuk l’eschimese (Nanook of the North) del 1922, del regista statunitense Robert Flaherty, è il primo esempio di cinema documentario che ottenne un successo mondiale ed ebbe una profonda influenza sulla storia del cinema. E noi, caro Gigi, che al massimo eravano arrivati a “Giovannona Coscialunga disonorata con onore” (Edwige Fenech e Pippo Franco, regia di Sergio Martino, 1973 e scusate se è poco!!!)? Si è vero anche quel film ebbe un’influenza non sulla storia del cinema ma di molti adolescenti italiani.
Torniamo al concerto. La curatrice della rassegna introduce lo spettacolo. Brava, poche parole che già mi aspettavo la sbrodolata sul film muto con tutte le ripercussioni sui registi a venire, sull’uso delle camere, dei pianosequenza, del montaggio, delle cineteche nel Canton Ticino e Mendrisiotto, eccetera, eccetera.
Entrano i musicisti sul palco. “Cazzo sono giovanissimi”, dice Gigi. “Cazzo, veramente”, dico io.
Il pianista ha anche le infradito. Mitico!
Documentario e musica partono. Ottanta minuti di poesia. Questo documentario su questa famiglia di eschimesi è meraviglioso con dei momenti di tenerezza e ironia che è difficile trovare. Nanuk l’eschimese diventa subito l’eroe della storia. Ci riporta alle storie di Tarzan (quello epico con Johann Weissmuller, il tarzan campione di nuoto), alla delicatezza dei trucchi magici di Houdini, ai sorrisi di Charlie Chaplin (o almeno è quello che passa per la mia testa). E la musica scorre con grande sicurezza. Anche senza un orecchio attento e critico è evidente come i giovani tre fratelli abbiamo lavorato con grande dedizione e amore alle musiche sulla pellicola.
Simon Quinn al contrabbasso (18 anni, e quando ha registrato il cd, due anni fa, ne aveva 16!!!!!), Nolan Quinn alla tromba, flicorno, basso tuba, live electronics, pianoforte e piano fender (20 anni) Brian Michael Quinn alla batteria e vibrafono (25 anni). Ma quello che stupisce non è solo l’età di per se stessa ma è quanto questo gruppo suoni bene e quanta profondità e sensibilità ci siano in queste musiche. Sicuramente Nanuk e Q3 per quanto sarà nei miei poteri si rifarà nel prossimo festival di Gallarate (in programma il 5,6 e 7 ottobre 2007) ma soprattutto io sono diventato un vero fan dei Q3. Alla faccia di Giovanardi.
No dai Gigi, non possiamo proporre “Giovannona Coscialunga disonorata con onore” con le musiche dei Q3. J
Ah, dimenticavo : http://www.qtrio.ch/


Max De Aloe



17 aprile 2007

Sergio, Mine Kawakami e l'intuizione sprecata dei concerti soporiferi!!

Ho scoperto che c’è una musicista giapponese, Mine Kawakami, che ha portato in Europa i suoi concerti di “musica soporifera”. Recentemente si è esibita a Madrid in una sala dove il pubblico si è presentato al concerto con cuscino e abiti comodi. Invece delle poltrone il pubblico stava disteso sui tatami con l’obiettivo di addormentarsi. Sì, sembra che in Giappone i concerti “per far addormentare il pubblico” siano molto diffusi: un metodo infallibile per eliminare lo stress. Su un inserto del Corriere ho visto anche le foto. I Giapponesi sono avanti e Madrid è la capitale europea del vizio, no c’è dubbio.
Comunque, non per tirarmi delle pose, ma ognitanto quando ai miei concerti viene il mio amico Sergio anche lui dorme, ne ho i testimoni. Addirittura mi è capitato che qualcuno del pubblico, a fine concerto mi abbia detto, con un po’ d’imbarazzo: “sai che c’era una che dormiva?” . “Non vi preoccupate è Sergio, ho risposto io, se dorme vuol dire che va tutto bene”.
E io questa cosa qui di fare dormire il pubblico dovevo organizzarla meglio, dovevo capirla prima. Sergio mi ha dato spesso una dimostrazione di questo e io mi sono lasciato sfuggire i segnali così, senza coglierli. Altro che intuito d’artista! Ho perso un'occasione. Che potevamo esserci anche io e Sergio con i nostri faccioni sul Corriere.
L’altro giorno al concerto di inaugurazione dell’associazione amici nell’arte, mi sono accorto che qualcuno del pubblico alla fine di “Ul giuan Martora” e “Pack” piangeva, vale qualcosa? Una foto almeno sulla Prealpina? Parlerò con i miei musici compagni di viaggio, bisogna inventarci qualcosa. Cosa gli facciamo fare al pubblico durante il concerto? Non vorranno mica ascoltarla la musica? Aspetto suggerimenti. Aiutatemi.

Max De Aloe

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