18 gennaio 2013

Bravi!!!


Vorrei fare i complimenti a Ferdinando Faraò per aver vinto il top jazz come miglior formazione jazz del 2012. Premio strameritato. Ho sempre stimato Ferdinando come musicista, compositore e soprattutto per la sua capacità di mettere testa, cuore, talento e determinazione nei suoi progetti spesso solcati da una eccentricità visionaria. Il ricordo della sua Pollocksuite di qualche anno fa è ancora vivo in me con il pubblico che non riusciva a stare seduto sulle poltroncine del Teatro. Un plauso anche a tutti i musicisti di questa formazione più che allargata. Grandissimi. Non è fatica da poco mettere insieme un gruppo di 20 persone, soprattutto in questo periodo nel quale non ci sono prove pagate e dove dilaga la scarsità di concerti. Ho poi ascoltato due bellissimi CD. Uno è A little Bartòk di Daniele Santimone alla chitarra, Ares Tavolazzi al contrabbasso e Riccardo Paio alla batteria. Molti sono sicuramente i musicisti di jazz che avranno pensato che sul Mikrokosmos di Belav Bartòk si poteva inventare qualcosa vicino al jazz. Ma loro lo hanno fatto e anche benissimo. Ma quanto bravo è Daniele Santimone? Io non l’avevo mai sentito suonare e sono rimasto con un sorriso stampato sulle labbra ascoltandolo. Forse lui ed io ci siamo conosciuti al festival di Levico Terme ma in quell’osteria eravamo in tanto dopo i concerti e anche il vino era tanto. Nicola Stranieri, tu che eri con me e che sei più parco di me nel bere, ricordi? E poi c’è Places, sempre di casa Abeat, di Eva Somontacchi con Tom Harrel ospite alla tromba, Massimo Manzi alla batteria, Roberto Cipelli al pianoforte e Attilio Zanchi al contrabbasso. Disco suonato benissimo. Meravigliosi standards con musicisti eccelsi, una bravissima Eva Simontacchi alla voce e Tom Harrell tra più grandi trombettisti viventi. Rileggendo il tutto mi sembro un noioso critico musicale. E anche poco bravo ma il mio è solo entusiasmo quando sento della musica di altissima qualità. E se, in alcuni casi, a farla sono anche degli amici, sono ancora più contento. Buona musica e statemi bene.

28 novembre 2012

Faustone Beccalossi e la sua meravigliosa musica


Fausto Beccaolossi è uno dei musicisti jazz italiani più interessanti che ci siano e penso che sia tra più originali fisarmonicisti a livello internazionale. La critica italiana l'ha quasi sempre ignorato, sarà anche perchè Fausto è una per...
sona schiva e modesta. Sempre attento alla musica e non a tutto quello che ci gira intorno. Qualche anno fa è arrivato uno dei più grandi chitarristi internazionali, Al di Meola, e l'ha preso nel suo gruppo e Fausto ha iniziato a portare la sua fisarmonica Zero Sette (comprata usata da un suo allievo) in giro per il mondo. Non sono mai stato così orgoglioso come in questo caso di un successo di un collega e di un amico. Fausto merita questo e molto altro. La critica italiana continua ad ignorarlo impantanata nei soliti nomi. In queste settimane, periodo di votazioni di referendum musicali, per quello che può valere, ricordo agli addetti ai lavori che esiste questo artista unico. Un musicista che ha eliminato dalla fisarmonica tutti gli orpelli dei tecnicismi esasperati per elevare questo strumento a nuovo rango. In questo video insieme a Al Di Meola e il grandissimo Gonzalo Rubalcaba nel meraviglioso festival di Marciac. Cosa vogliamo di più? Bravo Faustone.
 

17 novembre 2012

BOOKCITY, LE VOCI NELLA MIA TESTA (E LA MUSICA GRATIS)….riflessioni di un musicante di jazz


Un sacco di volte vorrei dire delle cose poi sto zitto. Ho delle voci nella mia testa molto simili a quelle che aveva Learco nel romanzo di Paolo Nori che mi dicono di stare zitto. Io sbuffo e loro mi dicono: “smettila!!!”. E io sbuffo ancora e loro dicono: “Ma che noia che sei, smettila di sbuffare e vai avanti per la tua strada”. Io vado per la mia strada e faccio le cose della mia vita che mi piacciono un sacco ma proprio tanto ma capita che arriva qualcosa proprio sulla mia strada che mi fa sbuffare. Le voci nella mia testa hanno anche gli occhi e certe volte mi guardano con compatimento poi si guardano tra loro come dire “poverino”. Poi ogni tanto non resisto e dico delle cose e le voci nella mia testa mi dicono: “A cosa ti serve? Vedrai, vedrai, non porta niente di buono criticare”. E si girano indispettite e alcune volte non mi parlano per giorni perché fanno le offese. “Te stai al tuo posto, suona la tua armonichina e non fare il criticone che poi sembri che sei invidioso e cinico e palloso e di qua e di là” – mi dicono. “Che poi suoni un strumento che non è neanche vero” – mi dicono, per ferirmi nel profondo. Da un po’ ho qui una cosa che però vi voglio raccontare. In questi giorni è partita l’avventura di BookCity a Milano. Ottima rassegna con ottimi scrittori. Veramente, una bella cosa. E Milano è tutto un brulicare di Cultura (quella con la C maiuscola) e c’è anche l’assessore architetto che fa un figurone. Ma poi penso alla mail che mi hanno scritto tempo fa quelli di BookCity dove c’era scritto che loro sarebbero stati interessati al mio faccione che avrebbe fatto “fi ri fi” con la sua armonichina ma che BookCity i musicisti non li paga oppure se li pagano direttamente gli editori dei libri. Allora io ho sbuffato ma le voci nella mia testa mi hanno detto: “zitto, stai zitto e rispondi con educazione che allora non t’interessa”. Io ho risposto con educazione dicendo che stavo a casa mia. E ho archiviato. Poi tutti in questi giorni a Milano parlano di BookCity e allora io son tornato a chiedermi qual’è la ragione per cui i musicisti debbano suonare gratis? Ma soprattutto quanto coraggio ci vuole a scrivere nero su bianco che per un’iniziativa di grande respiro culturale (e di dispendio di risorse economiche come questa) il musicista professionista dovrebbe suonare gratuitamente? E qui le voci nella testa mi urlano all’unisono “Palloso, sei un palloso! Pensa a suonare”. Anche la mia amica e grande arpista Marcella Carboni quando andiamo in giro a suonare e viaggiamo sulla sua Passat verde con 310.000 chilometri (ora ne ha comprata un’altra raggirando un rumeno ma questa è un’altra storia) mi dice che sono un brontolone e mi dice che le critiche si fanno indirettamente con la propria musica. E lei, che è colta e anche tanto simpatica, mi cita Duke Ellington che non ha mai fatto politica nella sua vita poi un giorno ha fatto “Black, Brown and Beige” e la musica è diventata protesta. Io alla Marci le rispondo che secondo me Duke era anche un po’ un filibustiere e che invece mi ritrovo di più con Mingus e il suo festival alternativo e la sua etichetta indipendente (ecco qui che le voci si guardano e con il labiale dicono “che paaaaalle questo qui!! Che paaaalle!! Che proprio a noi doveva capitare? ). Anche la Marci mi guarda certe volte e dice “Hai ragione” ma intanto pensa: “che palle ma proprio con uno che suona l’armonica dovevo collaborare?”. E mentre mi dice che ho ragione sta sorpassando un camion a 130 orari sulla provinciale (con un navigatore che parla in giapponese, ma anche questa è un’altra storia” ). Però io una cosa ai musicanti più giovani la vorrei dire e che è quella di suonare gratis solo quando ha un significato. E mi ritrovo con quello che ha scritto tempo fa il mio amico Massimo Beretta e che pensiamo in tanti. Suonare gratis ha un senso profondo per un musicista che non è quello di svendere il proprio talento e la propria professionalità ma quella di un regalo, di un servizio che si può fare quando ha un significato e un obiettivo. E concordo con Filippo Bianchi e con l’idea del suo primo festival dove Rino Gaetano, Gabriella Ferri e molti altri suonarono gratis per riunirsi intorno a un’idea. Oggi ci sono meno possibilità di lavorare per tutti noi. Il nostro lavorare meno o addirittura poco collima con l’impossibilità di esprimere qualcosa di profondo che abbiamo dentro ma non per questo lo dobbiamo svendere. Per noi musicisti abituati a confrontarci con un pubblico, con un progetto musicale fin da ragazzini il fatto di non potersi esibire entra in conflitto con la nostra stessa essenza, con il nostro modo di essere. Non suonare è doloroso per noi ma non ci facciamoci fregare. Possiamo ridurre i cachet, fare qualche sacrificio e soprattutto cercare di essere propositivi, inventarci qualcosa noi. La figura dell’artista che sta a casa ad aspettare la telefonata di lavoro e che qualcuno lo coinvolga è sorpassata da tempo. Diamoci da fare con più umiltà e spirito di iniziativa. Ma essere modesti non vuol dire farsi prendere in giro. Inoltre vi assicuro, cari musicanti un po’ più giovani, di non credere a chi vi dice che se andate a suonare la prima volta gratis avrete poi la possibilità di suonare successivamente con un cachet. Sarete per sempre per quegli organizzatori musicisti che valgono poco e che suonano gratis. Non tutti sanno comprendere la qualità e spesso ciò che è gratis è considerato come qualcosa che vale poco (..le voci nella mia testa in questo momento stanno zitte e io quando stanno così zitte mi preoccupo..). In questo momento di difficoltà la mia stima cresce per tutti coloro che nel loro piccolo continuano ad organizzare musica e a pagare i musicisti. Locali, club, piccole rassegne gestite da appassionati che continuano a darci non solo lavoro ma la possibilità di essere noi stessi. Ci danno la dignità del lavoro. Che nel nostro caso è un lavoro meraviglioso, appassionante ma pur sempre un lavoro. Questa sera suonerò in una cascina in un bosco dove ci potranno stare al massimo 50 persone e domani sera con il grande Attilio Zanchi in un ristorante di appassionati di jazz di Milano. Grazie ai proprietari di questi luoghi che ci danno la possibilità di esserci con la nostra musica e, sono convinto, di far star bene il pubblico che verrà ad ascoltarci. Piccole cose ma che hanno un valore anche maggiore dei grandi festival. Piccole cose che tengono insieme il tessuto connettivo della cultura, quella con la c minuscola, quella sincera e non mediata dalle solite menate. Ma che tengono in piedi un’economia. L’altro giorno una mia amica (voci nella mia testa, fate silenzio!!!!) mi diceva che forse a me piace suonare nelle “latterie” e me lo diceva sorridendo sapendo la mia risposta. Che lei è furba. A noi musicanti piace suonare dove c’è chi voglia ascoltarci e soprattutto rispetto della nostra musica e di noi. E il rispetto passa anche attraverso non chiederci di suonare gratis. Le voci nella mia testa continuano a stare in silenzio ma sanno che forse ho ragione. Marcella Carboni ride e la mia amica mi aspetta nella latteria dove anche a lei piace un sacco stare. Buon sabato a tutti e ci vediamo più tardi nel concerto alla cascina nel bosco (per chi non andrà a BookCity). Max

27 giugno 2012

Insulti dei condannati alla mamma di Aldrovandi: Manganelli prenda provvedimenti

Insulti dei condannati alla mamma di Aldrovandi: Manganelli prenda provvedimenti: CLICCATE SUL TITOLO

..l'abbiamo bastonato di brutto, solo che adesso è svenuto, non so, è mezzo morto..

Torno dopo molto tempo ad occuparmi di questo blog. E’ una storia forte che mi scuote da dentro a darmi l’urgenza di scrivere. La notte passata mi sono guardato su you tube E’ stato morto un ragazzo, film documentario di Filippo Vendemmiati sulla storia ormai tristemente nota di Federico Aldrovandi, di cui in molti abbiamo seguito la vicenda. Qualche giorno fa la condanna definitiva ai tre poliziotti e una poliziotta che in un’alba di settembre del 2005 hanno fermato questo ragazzo di 18 anni ferrarese, probabilmente in stato alterato dalla droga, e hanno deciso che il modo migliore per aiutarlo non era chiamare un ambulanza oppure immobilizzarlo e ammanettarlo ma ucciderlo a manganellate. Uno di questi poliziotti dice via radio a un operatore in centrale: Abbiamo avuto una lotta di mezz'ora, l'abbiamo bastonato di brutto, solo che adesso è svenuto, non so, è mezzo morto...”. Il film è una botta nello stomaco e fa ancora più male che in questi giorni uno dei poliziotti, dopo essere stato condannato a 3 anni e 6 mesi, pena che non sconterà mai e nonostante la quale continua a svolgere il proprio lavoro, abbia insultato attraverso face-book la madre di Federico. Nel post successivo potete trovare riportati i commenti copia-incolla dalle pagine di face-book. Tutti li definiscono terrificanti. Ma cosa ci si può aspettare da quattro persone che infieriscono fino alla morte sul corpo di un ragazzo disarmato? Ci possiamo aspettare che di colpo diventino qualcosa che non sono? Mille sono le riflessioni che si possono fare su questa storia e tanti sono stati i commenti che ho letto attraverso internet e sui giornali. Il commento più comune è quello di sentirsi in una stato con non ci rappresenta con una polizia incapace di svolgere il proprio mestiere. Da una parte è vero che gli organi di polizia sono spesso specchio della civiltà di un paese ma è anche vero che le generalizzazioni fanno male. Se da una parte distrugge pensare che possano esistere quattro persone così nelle forze dell’ordine (più i molti che li hanno coperti) dall’altra parte c’è un Italia che in mille modi ha condannato questo omicidio in modo netto e definitivo. C’è una magistratura che ha perseguito la verità e alla fine ha condannato. Ci sono migliaia di persone che hanno sfilato per Federico. C’è un Italia che ha ancora dignità e volontà. Ci sono due genitori che attraverso le loro azioni nel quotidiano, il blog e la pagina ufficiale su face-book in questi anni hanno dato prova di una grande civiltà, determinazione e forza. Ci sono stati anche poliziotti che si sono schierati dalla parte di Federico ma forse ancora pochi. Io vorrei credere che all’interno delle forze dell’ordine ci siano persone capaci di svolgere il proprio dovere. E penso che in molti casi sia vero, non in tutti. Ma è proprio dagli organi di polizia che deve arrivare un segnale forte di totale condanna di questo omicidio. C’è bisogno di una grande azione di pulizia all’interno delle forze dell’ordine. Che deve partire da molto in alto ma poi arrivare nelle coscienze comuni di commissari ed ispettori. Non si può più tollerare la forza per sopprimere. La tortura in ogni sua forma. E’ per questo che in queste ultime ore si moltiplicano le richieste al ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri e al prefetto e capo della Polizia Antonio Manganelli di esonerare queste persone dal servizio. Ma l’urgenza di noi gente comune non può limitarsi e stigmatizzarsi in un banale e stupido attacco alle forze dell’ordine. La nostra deve essere una richiesta di civiltà e di cambiamento rivolta ad ogni questore, commissario, ispettore, semplice poliziotto. Il lavoro delle forze dell’ordine può essere nobilitato solo con un atto di grande pulizia interna. Leggete le belle pagine scritte da Lino Aldrovandi a questo proposito. E v’invito come piccolo atto di di solidarietà a cliccare su MI PIACE della pagina di FEDERICO ALDROVANDI di face-book. Qui non c’entra la politica. Se non siete convinti di cliccare su questa pagina guardatevi questo E’ stato morto un ragazzo….sono sicuro che cambierete idea. buona visione Max

14 giugno 2011

GRAZIE al 55,75 % DEGLI ITALIANI

Ho sempre odiato quelli che mandano gli sms o le mail firmando a nome del proprio figlio. Gli sms peggiori sono quelli del tipo: 'sono nato alle ore..., peso....e mi chiamo...
Ma oggi, 13 giugno 2011, è diverso e c'è una cosa che voglio firmare a nome di mio figlio Federico che ha solo 21 mesi. Mi prendo questa responsabilità. Ma penso di sapere che cosa pensino tutti i bambini a questo riguardo. I bambini vogliono un futuro senza pericoli. E' così facile da intuire.
Guardo lui e inevitabilmente lui è per me l'idea del futuro.
E so, ne sono sicuro, che oggi lui vorrebbe ringraziare quel 55,75% d'italiani che oggi sono andati a votare per dire no al nucleare e per dare un senso al nostro futuro. Per preservare, mai come in questo caso, il futuro dei nostri figli.
Grazie, firmato Federico (per gli amici Co o Fefè)

13 giugno 2011

IL MAGGIO SPAGNOLO

Guardate questo video sulla protesta pacifica delle piazze spagnole.
Sulla tv italiana tutto questo non è passato.
A Porta a Porta e a Matrix sono sempre troppo impegnati con i programmi sulle povere ragazzine massacrate e le diete estive. Che giornalisti ignobili.
Clic destro e 'full screen' per vedere le immagini ingrandite. Ne vale la pena.
Grazie agli amici cileni Marco e Carmen che me l'hanno mandato dall'isola di Chiloe dove ora è inverno e piove continuamente.
Un abbraccio anche a loro da un'Italia piena di sole e da oggi sicuramente senza il nucleare.
Max

#SpanishRevolution [ITA] from mikelee on Vimeo.

3 giugno 2011

I BELLI DENTRO E GLI STUDENTI DI MUSICA DI MAPUTO

La musica ha mille sfaccettature. E spesso le più affascinanti sono anni luce lontane dai riflettori della musica patinata e confezionata del music-business. Avete presente Lady Gaga? Ecco, non c’entra nulla.
Alcuni mesi fa vengo contattato dal mio amico Sergio dell’associazione Mezzo Busto per sapere se come Centro Espressione Musicale siamo disposti a lavorare su un progetto di didattica musicale all’interno della casa circondariale di Busto Arsizio. L’obiettivo è quello di scegliere dei detenuti che sappiano almeno qualcosa di musica per realizzare un gruppo musicale e poi piano piano condurli fino all’evento di un vero e proprio concerto.
Per il progetto scelgo Romeo, validissimo insegnante del Centro Espressione Musicale ormai avvezzo ad ogni sfida. Romeo insieme ad altri collaboratori del carcere selezionano i candidati poi crea il gruppo, fa riparare gli strumenti che non funzionano e insieme compriamo quello che manca per realizzare una vera band alla Blues Brothers. L’avventura inizia e Romeo dedica parte dei suoi lunedì al progetto. Mi racconta che il tastierista del gruppo non sa neanche suonare ma vuole imparare e il sassofonista suonava un po’ da bambino (peccato che bambino lo era ben trent’anni fa). Mah!? Vedo Romeo (detto anche The wizard) un po’ preoccupato ma alla fine pensiamo che se solo questi detenuti riesciranno a passare qualche ora diversa dalla routine quotidiana già sarà un ottimo risultato. Per il concerto chissà e forse non è poi così importante. Passano i mesi, preso dai mille progetti m’informo poco di quello che succede ogni lunedì in carcere e si arriva al pomeriggio di martedì 30 maggio, data del grande concerto. Prendo il mio biglietto d’invito che porta un’intestazione che non finisce più: “Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Provviditorato Regionale per la Lombardia, Direzione della Casa Circondariale di Busto Arsizio”. Già dall’intestazione capisco che si scherza poco. Anzi per niente.
Ma già arrivato davanti all’entrata c’è qualcosa che non ha l’effetto che immaginavo. Si sente nell’aria una strana aria di festa. Vedo qualche famiglia con il biglietto d’invito, anche un paio di bambini. So che per questo concerto ai detenuti-musicisti è stato concesso d’invitare le proprie famiglie. Lascio i documenti all’entrata e una guardia carceraria mi scorta fino al cortile interno dove è montato un grande gazebo. Non sembra neanche di essere in un carcere. I soliti preparativi di un concerto di piazza, qualche famiglia, persone, gente di vario tipo. Ti chiedi chi siano i detenuti e non lo puoi capire (Romeo se non sapessi che è Romeo penserei assolutamente che è un detenuto, ma questo è un altro discorso). Ci sono sorrisi, pacche sulle spalle e gli in bocca al lupo. Il concerto tra poco sta per iniziare e mi presentano il sassofonista, certamente di Napoli. E’ in ansia, aspetta la moglie e i tre figli che gli hanno promesso di arrivare ma non ci sono ancora. Un lungo viaggio, molte spese per vedere un padre, un marito che dopo trent’anni ha riscoperto il sax contralto tra le mura di un carcere. Pochi minuti prima dell’inizio quella famiglia spunta dal fondo del cortile. E’ dura la puntualità quando hai dieci ore di treno sulle spalle e arrivati alla stazione di Busto Arsizio devi anche scoprire se esiste un autobus che ti porta fino al carcere che sta dall’altra parte della città (ma esiste un autobus per questa gente?). E dove andranno a dormire usciti di lì? L’abbraccio che ne segue a due metri da me mi lacera. Da quanti mesi non si vedranno? Da quanto non si stringeranno in quel modo? Solo qualche secondo per affondare la faccia tra il collo e la spalla di un padre, sentirne l’odore, farsi inondare da quell’odore così rassicurante. Lo è sempre l’odore di un genitore per un figlio.
Inizia il concerto: il presentatore sciolto con il microfono in mano è anche lui un detenuto, compagno di cella del bassista brasiliano. Presenta il gruppo: i BELLI DENTRO. Tutti ridono. Mano male che c’è lui che presenta e non il solito politico di turno. Le autorità questa volta stanno ad ascoltare. Parte la musica e nota dopo nota mi sorprendo sempre di più: mi arriva addosso con la potenza di un’emozione rara. Altroché. Una musica che ha veramente dentro di sé la voglia di arrivare, di farsi sentire. Non è retorica: come fa un tastierista a suonare così dopo soli tre mesi? E’ un genio o è la voglia di rivalsa? La scoperta di un talento o il bisogno di attaccarsi con tutte le forze a qualcosa?
Il sassofonista vedo che cerca con lo sguardo tra il pubblico la famiglia e in quel momento è l’uomo più fiero che il genere umano abbia mai avuto. Intercetto sua moglie che lo guarda con degli occhi talmente innamorati che genera un’energia che irradia anche chi gli sta vicino. Sarò rincoglionito dall’ambiente ma questi Belli Dentri mi sembrano di una bravura sopraffina. Hanno tiro, un tiro pazzesco. Il batterista ha più di 60 anni ed è un treno. Un’ora e mezzo di musica scorre in un baleno tra applausi e gli sguardi fieri anche delle guardie carcerarie. Da quanto tempo non sentivo suonare del rock and roll anni cinquanta? Alla fine prende la parola anche il sindaco di Marnate che per quest’iniziativa ha donato attrezzature, impianti audio e quant’altro. Anche il sindaco è emozionato: dice che canta in una corale e a questo concerto ha voluto portare molti ragazzi della corale per far vedere cos’è un carcere da dentro. Lui in questo carcere segue alcuni detenuti e al microfono, con la voce che s’incrina, dice che imparando a conoscere i detenuti è diventato una persona migliore. Ed è una delle poche volte che vedo che un politico si emoziona. Ed è una poche volte che un politico mi convince. Poi prende la parola una dirigente del carcere e anche in lei vedo l’emozione ma anche la determinazione, la voglia di far vedere che il carcere è anche un luogo differente da quello che tutti immaginiamo.
Ascoltando questo gruppo suonare immerso nel cuore di un carcere, tra i migliaia e migliaia di metri cubi di cemento armato e di acciaio di sbarre ho ripensato anche alla grande emozione che ho avuto lo scorso autunno nel mio tour in Africa. Venti giorni meravigliosi suonando tra il Mozambico, lo Zimbabwe e il Sud Africa. Concerti prestigiosi, ambasciatori, consoli (anche Romano Prodi spuntato a una pizzata informale a Johannesburg al quale abbiamo dedicato un “Summertime”) eppure il momento più emozionante è stato quando ci hanno portato in un’università poverissima di Maputo per tenere dei seminari di musica ai degli studenti universitari. Fabrizio Mocata ed io abbiamo passato alcune ore con gli studenti di pianoforte, alcune decine. Due soli pianoforti distrutti a disposizione di tutti studenti. Nessuno di loro ha una tastiera a casa su cui esercitarsi. A casa studiano su un asse di legno con disegnati i tasti. La carta pentagrammata non sanno cosa sia. Tracciano le cinque righe su delle vecchie agende di fine anni ’90 che chissà chi gli ha regalato. Eppure non mi è mai capitato in ormai tanti anni che insegno musica di trovare tanta attenzione, tanta sete d’imparare, di assorbire. Se mettevamo una mano su un pianoforte erano in venti attorno a noi, rispettosissimi ed educati, che volevano vedere, capire, intuire una diteggiatura corretta, un accordo che non conoscevano. Sete di conoscenza. Energia allo stato puro. Magia della musica: nel carcere di Busto Arsizio così come tra gli studenti di Maputo.
Grazie alla musica e alle mille e mille persone che la fanno in mille e mille modi differenti.

Max De Aloe



22 giugno 2010

METODO D'INSEGNAMENTO

Ecco, questa è la mia filosofia per un ottimo insegnamento della musica. Metodo adottato al Centro Espressione Musicale fin dalla sua nascita. Vi aspettiamo !!!!! Non abbiate timore. Il metodo funziona :-)






Qui Igudesman & Joo con il grande Gidon Kremer





Un'altra famosa gag di Igudesman & Joo (anche se la gag non è nuova e l'aveva fatta già prima di loro Rainer Hersch http://www.youtube.com/watch?v=_nWzC19Iq_c . Oppure www.rainerhersch.com )

10 giugno 2010

IL TERRORE DEL POPOLO ITALIANO (...e io che non l'avevo capito!! Ma ora ci penso)

Ho guardato il telegiornale poco fa e mi è sovvenuta una cosa che sarebbe stato meglio che non mi fosse sovvenuta ma mi è sovvenuta. E allora questa cosa qui mi ha fatto pensare che io, come tutti, di persone che si lamentano di un sacco di cose le vedo ogni giorno.
Tipo che si lamentano che hanno un contratto a tempo determinato per sei mesi, che fanno le promozioni nei supermercati, che non trovano posto per i figli al nido sotto i 700 euro al mese. Poi c'è chi ha più di trent'anni e vive ancora con i genitori ma con i genitori non ci vuole più stare ma guadagna 800 euro al mese e dove va? Sta a casa con i genitori. Poi c'è una che l'ha mollata il fidanzato. Che anche i problemi di cuore hanno ancora oggi il suo perchè anche se c'è facebook che in un attimo qualcuno al volo lo ritrovi. Poi ci sono quelli che vivono nel sud Italia e quelli sono ancora più cazzi amari a trovare un lavoro. Poi ci sono quelli che non hanno mai tempo per fare niente che sono tutti congestionati di cose e stanno male. Malissimo stanno quelli lì. Poi ci sono i padri divorziati che devono mantenere due figli, un'ex moglie, il mutuo della loro ex casa dove vivono l'ex moglie e i figli e l'affitto del monolocale dove vivono loro. Poi ci sono le mogli e madri separate con uno stronzo di un ex marito che non paga gli alimenti e il mutuo. Poi c'è quello che ha bevuto un bicchiere in più di birra e gli hanno tolto la patente e fa il rappresentante ed è incazzato da morire. Poi c'è quello che è incazzato con il vicino, quello che è incazzato con il datore di lavoro, quello che la banca si è presa la sua casa perchè dopo la cassa integrazione c'è lo stipendio zero e la rata del mutuo ha iniziato a saltare. Poi c'è uno che per fare una risonanza magnetica e non conosce nessuno ma nessuno ma nessuno in ospedale allora deve aspettare quattro mesi. Poi c'è uno studente che va all'Università e va al ricevimento studenti per parlare al professore della sua tesi ma il professore al suo ricevimento con i suoi studenti non ci va quasi mai. Insomma pensavo a tutte queste cose qui dopo che ho sentito questa sera il nostro presidente del consiglio in tv che ha detto che tutti gli italiani hanno il terrore di avere il telefono sotto controllo. Che bisogna fare qualcosa per il popolo italiano. E sono rimasto basito. Perchè di tutti quelli che si lamentano tutti i giorni non mi è mai capitato di sentire uno solo che avesse il problema di avere il telefono sotto controllo. Allora mi sono chiesto: "Ma dove vivo io che sento la gente che si lamenta di queste cose qui e neanche uno che si lamenta che gl'intercettano una telefonata". Mi è sovvenuto che non osservo bene la realtà. Che io questo dramma degli italiani non l'avevo capito. Sto popolo italiano lacerato dalle intercettazioni mica ho avuto la sensibilità di percepirlo. Mi sovvengono le riflessioni e stanotte ci penso. A questo dramma del popolo italiano. Altro che sti giovani che non hanno lavoro. Ma che andassero a lavorare sti giovinetti. Stanotte ci penso.

17 maggio 2010

Ciao Massimo

Vengono
vanno
per una vera
mille sono finte e si mettono lì
tra noi e il cielo
per lasciarci soltanto una voglia di pioggia....
(LE NUVOLE - Fabrizio De Andrè)



Ciao Massimo.....




9 maggio 2010

I FAVOLOOOOSI (scelti una sera a cena)

Anto sceglie:



Gigi sceglie:




Max sceglie:


Sissi sceglie:



Nicola sceglie:



Angui sceglie:



E anche chi non c'era ha dato il suo contributo.
Federica sceglie:


Daniela sceglie:

8 maggio 2010

BUON COMPLEANNO BRUNO


A metà gennaio. Di questo gennaio freddo e bislacco Bruno De Filippi ci ha lasciati. Nessuno, neanche gli amici più cari, sapevano che era veramente così malato.
Ho suonato l'ultima volta per lui qualche giorno prima a casa sua e non saprò mai se è riuscito ad ascoltarmi. Quel pomeriggio, nella sua camera da letto, ho tirato fuori l'armonica dalla tasca e l'ho salutato inevitabilmente con 'Ma l'amore no', il brano di Giovanni D'Anzi che lui seppe rendere unico in quella versione jazz registrata a New York con Don Friedman. Lo stesso brano che gli feci sentire 20 anni prima nel nostro primo incontro. Lo stesso brano che suoniamo insieme nel video riportato qui sotto e che abbiamo realizzato in Abruzzo nell'estate 2008 al Festival Pineto Jazz Accordion.
Bruno ha suonato con tutti i più grandi musicisti e ovunque. Con Mina (per la quale scrisse Tintarella di Luna), Celentano, Milva, Pino Daniele ma soprattutto con Louis Armstrong, Gerry Mulligan, Barney Kessel, Astor Piazzolla e chissà quanti altri. Bruno ha suonato in 60 anni di musica con tutti. Il suo grande pregio era quello di sapere fare musica con tutti e per tutti. Per lui non contava il curriculum di chi avesse di fianco o quanto fosse opportuno suonare o non suonare con musicisti che non fossero del suo rango ma solo fare musica, regalare emozioni. A una jam-session non si è mai tirato indietro (come alcune volte fanno i più snob quando pensano che gli altri sul palco non sono della loro stessa risma), prendeva l'armonica o la chitarra e suonava.
Oggi la figlia Franca, la compagna Lilly e i fratelli Giorgio, Licio ed Alessio hanno voluto festeggiare il compleanno di Bruno insieme a tanti amici. Come se lui fosse ancora tra noi. In una cascina appena fuori Milano, in mezzo al verde, si è fatta musica insieme, si è mangiato, ci si è incontrati con vecchi amici e conoscenti e soprattutto si è stati bene insieme. Tutti noi sappiamo che Bruno sarebbe stato felice di un compleanno così. A salutarlo un 'Dove vanno a finire i palloncini' di Gorni Kramer e 80 palloncini, uno per ogni suo anno, si sono alzati in cielo. Mentre suonavo il brano di Kramer con la coda dell'occhio ho visto mio figlio Federico che stringeva un palloncino. Raramente ho sentito la vita essere così dolce.
In questo post è anche linkato l'articolo-intervista che la cantante e giornalista Eva Simontacchi ha realizzato con la figlia Franca De Filippi per il sito jazzitalia.
(cliccate sul titolo in alto 'Buon compleanno Bruno' per visualizzare il link)
A qualche amico di Bruno è stato chiesto di aggiungere una testimonianza.
La mia è riportata qui sotto.
Ciao Bruno, io lo so che non riposerai in pace, ma che continuerai a battere il piede con molto swing enfatizzando il levare.







Ho conosciuto Bruno una ventina di anni fa, all’inizio della mia meravigliosa avventura con l’armonica. L’avevo contattato telefonicamente per sapere se poteva darmi delle lezioni e lui mi disse: “Troviamoci sabato pomeriggio in piazza del cannone a Milano prima del sound check del mio concerto con Franco Cerri e quello che so ti dico ”. E poi aveva aggiunto: “Ma tu suoni già il pianoforte, sei un musicista (ero in realtà uno studente che strimpellava per guadagnarsi qualche soldo) e allora devi darmi del tu perché io do del lei solo in banca”. Così mi ritrovai come d’incanto in un radioso pomeriggio di maggio su una panchina a suonare delle cose insieme a lui. Alla fine mi disse: “Sei impostato bene e hai musicalità ora devi solo studiare”. Poi prese un sacchetto pieno di suoi CD, dischi in vinile, partiture e un disco di Toots e mi disse: “Questo è un omaggio per te. Io le lezioni di musica non le so dare ma vorrei che queste cose ti siano d’aiuto per studiare tutto quello che puoi e ricordati una cosa sola: con l’armonica devi morirci dentro”. E a scrivere questi ricordi non è facile trattenere le lacrime. Anzi non le sto trattenendo. Poi aggiunse, come se io fossi il suo più vecchio amico: “Il mese prossimo verrà Toots a suonare al Festival di Torino con Cedar Walton, andiamo insieme a sentirlo?”.

Da quel giorno Bruno divenne un grande amico e sono sicuro del reciproco. Un amico che continuò a dimostrarmi generosità ed affetto, permettendomi giovanissimo di esibirmi con lui, portandomi al Capolinea di Milano e in tanti altri luoghi per farmi conoscere sempre di più il jazz da dentro e i suoi grandi artefici. Potrei scrivere decine e decine di aneddoti e belle storie su di lui.

Solo nei giorni della sua morte, quando tanti mi chiedevano quanti anni avesse avuto, ho realizzato che aveva quasi 40 anni più di me. Strano, perché Bruno ed io in questi vent’anni di amicizia siamo stati così indaffarati dalla musica da fare, dalle cose da raccontarci, dai concerti da vedere insieme e da un’ amicizia sincera e spontanea che non ce ne eravamo mai accorti.

Grazie amico mio.
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80 palloncini nel cielo per Bruno (foto di Alberto Gottardelli)

23 aprile 2010

IL CONCERTO di Radu Mihaileanu (il film da non lasciarsi sfuggire)



"Il concerto" è un film da non perdere. E siccome non sono un critico cinematografico non dovrei scrivere oltre ma ho talmente riso e goduto nel vedere questa sera questo film al cinema che non posso non pregarvi in ginocchio di scovarlo in qualche sala di seconda visione (non penso che sia mai passato in qualche Multisala gestito dall'impero Medusa) e di vedervelo. Anzi, di STRAgodervelo. Mi verrebbe voglia di giurarvi un "soddisfatti o rimborsati" ma poi ci ripenso riflettendo che i film con De Sica e Boldi sono i più visti in Italia.
Il regista de "Il concerto" è il rumeno Radu Mihaileanu, lo stesso pazzo visionario, amante della burla e dell'irreverenza amara di "Train de vie". "Il concerto" è un film di rara ironia e trascendente divertivento. Un film che sa giocare anche sul sentimento e sulla storia di ieri e di oggi raccontandoci attraverso il sorriso la missione assurda di orchestrali russi che vanno alla conquista di Parigi per rappresentare quel capolavoro di Cajkovskkij che è il concerto in re maggiore n.35 per violino e orchestra. E il regista gioca molto con i rimandi a Kusturica e alla felliniana "Prova d'orchestra" anche se ai cinefili meno attenti non scapperà l'idea della ricostruzione del gruppo musicale nel "The Blues Brothers" con Dan Aykroyd e John Belushi.
La miscela assurda di musica klezmer, gitana e classica è stravagante ma funzionale alla finzione cinematografica.
Insomma andatevi a cercare delle critiche serie sul web o, ancora meglio: non cercate nulla e andatevelo a vedere.

P.s. a chi potesse importare la scena dei musicisti russi che chiedono la diaria all'impresario francese nell'hotel mi ha creato delle convulsioni di risate che non provavo dal 1986 dalla mitica scena di Raffaele Guido che lancia la mela di Sergio Broglia dalla finestra della nostra aula al liceo. Ma mi rendo conto che frega proprio a nessuno (neanche a Sergio Broglia).









12 marzo 2010

l'amour toujours l'amour



L'amour toujours l'amour

(basta cliccare sopra, sul titolo per vedere il video)

buon divertimento

max

9 marzo 2010

LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA ITALIANA (mai vicino ai libri di Bruno Vespa e.... Pierluigi Bersani)


Gallarate- notte tra l'8 e il 9 marzo 2010 – con la musica di Kenny Wheeler che suona sotto.

Leggendo dei passi di "Lettere di condannati a morte della Resistenza Italiana"


Esistono i libri sulla filosofia Zen, i discorsi di Sant’Agostino, le massime affascinanti di San Francesco. Poi c’è la filosofia laica, c’è la poesia di ogni ordine e grado che spesso ci dipinge il mondo da una prospettiva che solo un grande poeta sa cogliere. Esiste la forza della parola che ci coglie di sorpresa e ci fa schiantare al suolo per il suo fascino. Ma la parola ha anche la sua vuotezza, la sua inutilità. Spesso usata a caso, vituperata, scollegata dalla realtà. Bestemmiata, storpiata. Usata per l’ovvio. Per un risultato di una partita. Per una barzelletta razzista. Per uno sterile dibattito politico. Per offendere. Esistono libri di ogni tipo, forma, lingua, storia, bellezza ma questo libro è assoluta verità. Al di là di ogni connotazione politica questo è un libro che va letto come la massima espressione dell’uomo nel rapporto prima di tutto con sè stesso e con la morte. Le ultime vere parole. Quelle che hanno l’essenza ultima. Senza barare. Senza ritorno.
Questo libro ci insegna il coraggio che ha avuto gente semplice nell’affrontare la morte per un’idea. Un concetto perso, distrutto e lontano anni luce, sostituito dai corpi tonici e ammiccanti dei protagonisti di facebook. Sostituito da noi che non vogliano invecchiare mai. Da ragazzi che dopo i trent’anni vivono con la mamma e il papà con una bella auto e un lavoro a cui non danno senso, senze idee e senza coglioni. E siamo bene o male tutti noi. Ma sono anche le generazioni precedenti, quelle dipinte meravigliosamente bene nella poesia "Alla madri" di Pasolini che spesso ci hanno cullato nell'idea del nulla e dello star bene fine a sè stesso.
Questo libro è l’unico libro che ho letto nella mia vita che parli di VERO AMORE.
Sembrerà un libro spietato e drammatico ma dietro quelle parole si sente forte il senso ampio da dare alla vita.
E’ un libro che c’insegnerà a sorridere ancora di più alle cose che valgono. E’ un libro che c’insegnerà a riconoscere le belle persone. Da leggere qua e là nei momenti vuoti per ritrovare la forza di chi ha avuto coraggio e determinazione. E ‘ un libro di VERO AMORE. Amore per la vita.
Da avere assolutamente nella propria libreria, anche se votate Berlusconi.
Non c'entra nulla cosa votate (o quasi!!!) per apprezzare questo libro. Ma attenti, se lo mettete vicino a quello di Bruno Vespa prende fuoco (quello di Bruno Vespa). Ma anche di fianco a quello di Bersani fa una pessima figura (quello di Bersani).

buonanotte, max

1 marzo 2010

MAURO PAGANI AD ANNOZERO

Mauro Pagani ad Annozero

Finalmente un po' di razionalità ed intelligenza in televisione.
Forse ha ragione il grande poeta Giuseppe Conte, se il mondo lo governassero i poeti e i musicisti sarebbe un mondo migliore.
Basta che non lo governino i santi, aggiungerei io.
Buona visione a tutti
Max


28 febbraio 2010

COMUNQUE LA PENSIATE

Comunque la pensiate. Un ricordo banale da un piccolo blog a un ragazzo morto.
In questa giornata piovosa di fine febbraio non so perchè il ricordo è andato a Carlo Giuliani. E il pensiero va anche alla madre Haidi che ho avuto l'occasione d'incontrare in due occasioni durante lo spettacolo in cui suonavo POR LA VIDA.
In una delle due repliche teatrali con lei c'erano anche le madri argentine di Plaza de Mayo. Madri unite nell'orrore della morte di un figlio. La più grande tragedia, immagino, che un essere umano possa vivere. Ed era imbarazzante quasi essere lì semplicemente a suonare per loro.
Mi ricordo perfettamente quel giorno di quell'estate 2001. Molti miei amici erano a Genova e io miseramente a fare un week end in montagna. Mi ricordo i telegiornali. La tragedia della morte. Una morte che ha perso ogni tipo di rispetto nel massacro ordinato poche ore dopo nella scuola Diaz e nella caserma di Bolzaneto.
Comunque la pensiate, al di là delle idee politiche, un ricordo va a Carlo Giuliani in questo giorno di fine febbraio.
max


21 febbraio 2010

dove finisce la pioggia e comincia la malinconia?

"In questo nostro mondo le 'cose che sappiamo' e 'le cose che non sappiamo' sono fatalmente inseparabili come gemelle siamesi, e la loro stessa esistenza è confusione.
Confusione, confusione.
Chi può distinguere il mare da ciò che vi si riflette? o dire dove finisce la pioggia e comincia la malinconia?"

MURAKAMI HARUKI da "La ragazza dello Sputnik"




BILL CARROTHERS & MAX DE ALOE
live - LIUC Castellanza - 13 novembre 2009 -
"Dolphin Hotel" + "A sort of dance"
music inspired by the novels of murakami haruki

11 dicembre 2009

MUSICA DENTRO



Che libro compro per avvicinarmi al jazz? Una domanda che alcune volte mi è stata rivolta da amici o allievi. Spesso rispondo di ascoltare, ascoltare e basta. I tomi sulla storia del jazz un po’ spaventano e spesso portano lontano. Per innamorasi di una donna non è necessario leggere “Innamoramento e amore” di Alberoni. Succede. Succede e basta. Poi, forse, scopriamo che potrebbe essere bello leggere Sandro Penna, Giorgio Caproni, Eugenio Montale, Pablo Neruda, Catullo e molti altri ancora e ritrovarci a scoprire quanto questi poeti siano stati così geniali e profondi nel raccontarcelo lo stesso amore che stiamo vivendo giorno per giorno. E come in una magia il nostro amore reale è proiettato tra le parole scritte. Immortalato per sempre. Ci crogioliamo in questa sensazione che non vuole spiegare ma che riesce ad amplificare i nostri sentimenti.
Se proviamo ad ascoltare la musica possiamo scoprire di innamorarci della musica stessa. Ne possiamo rimanere incantati. Il libro di Paolo Fresu, Musica Dentro, appena uscito per Feltrinelli, è un libro che non ci spiega nulla, ma che sa rapirci con quella semplicità e nello stesso tempo genuina profondità che da sempre contraddistingue il modo di approcciare la musica per questo trombettista.
Con la scrittura Fresu riesce a proseguire il suo discorso musicale. Una sola apparente semplicità nasconde l’amore per la curiosità. Curiosità intellettuale e umana. Unico vero motore per l’esistenza di un artista. Lontano da concettualismi e dal nozionismo Musica Dentro regala la semplicità dell’innamoramento di un uomo per la musica. E attraverso questo processo, in una sorta d’identificazione, scopriamo non solo qualcosa di più di questo musicista che è partito dalla sua terra di Sardegna e ha portato il jazz italiano in tutto il mondo, ma ritroviamo un modo romantico e affascinante di vivere l’arte a tutto tondo. Fresu non ci teorizza l’amore per la musica, ma ce la fa vivere così come Montale nella poesia “Ho sceso, dandoti il braccio, un milione di scale” sa fotografare l’amore fino nella sua profonda essenza. Sembra strano ma, per sapere qualcosa di più sulla musica e non solo sul jazz, vi suggerirei questo libro proprio perché non sa dirci nulla di più di quello che già c’è dentro la musica.
Buona lettura. Anzi, buon ascolto.
Max De Aloe

29 settembre 2009

GALLARATE JAZZ FESTIVAL 2009

Ciao a tutti. Come tutti gli anni pubblico sul blog la programmazione del Gallarate Jazz festival di cui noi del Centro Espressione Musicale di Gallarate curiamo con attenzione e passione la programmazione. Buona Musica a tutti.
Max






TEATRO CONDOMINIO VITTORIO GASSMANN
GALLLARATE JAZZ FESTIVAL 2009
settima edizione



A cura del Comune di Gallarate – Assessorato alla Cultura
Eventi collaterali e coordinamento tecnico – Fondazione Culturale “1860 Gallarate Città”
Direzione Artistica: Centro Espressione Musicale – Gallarate


VENERDI’ 9 OTTOBRE 2009

Ore 21.30 – Teatro Condominio Vittorio Gassman

- Apertura con la proiezione del video "Free-form" di Alexander Chiattini
(in prima assoluta su commissione dal Gallarate Jazz Festival)

- FRANCESCO CAFISO ITALIAN QUARTET

Francesco Cafiso – sax contralto
Dino Rubino – pianoforte
Riccardo Fioravanti – contrabbasso
Stefano Bagnoli - batteria






SABATO 10 OTTOBRE 2009

Ore 10.30 – Teatro Condominio Vittorio Gassman
(riservato alla scuole superiori gallaratesi)
- LUCA CHIARALUCE presenta il concerto jazz multimediale dal titolo “Itinerario”






Ore 17.00 - Sala Conferenze Teatro Condominio Vittorio Gassman

- Presentazione del libro fotografico di Patrizio Gianquintieri "My Jazz - Immagini ed emozioni"


Ore 21.30 – Teatro Condominio Vittorio Gassman
- LUCA CHIARALUCE presenta il concerto jazz multimediale dal titolo “Itinerario”

- SCOTT HAMILTON QUARTET
Scott Hamilton – sax tenore
Daniele Gorgone – pianoforte
Luca Pisani - contrabbasso
Alessandro Minetto – batteria





- intorno a mezzanotte: Jam Session nel ridotto del Teatro Condominio
(ingresso libero)



DOMENICA 11 OTTOBRE 2009

Ore 10.30 – Galleria d’Arte Moderna (Viale Milano, 21 - Gallarate)

- lo scrittore FLAVIO CAPRERA presenta il suo nuovo libro edito da Mondadori “Jazz 101” (La storia del jazz in 101 dischi) a seguire il concerto.

- MARCO GAMBA SERGIO ORLANDI DUO
Presentano “Remembering Nino Rota” (nel trentennale della sua scomparsa)

Marco Gamba – contrabbasso
Sergio Orlandi – tromba

Ore 18.00 – Sala Conferenze Teatro Condominio Vittorio Gassman
- Conferenza-incontro “CARTA BIANCA A MICHEL GODARD”





Ore 21.30 – Teatro Condominio Vittorio Gassman

- Apertura con la proiezione del video "Untitled" di Fabio Montagnoli, Donato Fusco, Mattia Pirini e Francesco Pirini
(in prima assoluta su commissione dal Gallarate Jazz Festival)

- GABRIELE PEZZOLI TRIO presenta “Rendez Vous”

Gabriele Pezzoli - pianoforte
Cédric Gysler - contrabbasso
Roberto Titocci - batteria

- FRANCESCO D'AURIA E MAURIZIO ALIFFI sestetto - ospite MICHEL GODARD

Michel Godard - basso tuba e serpentone
Maurizio Aliffi - chitarra
Francesco D'Auria - batteria e percussioni
Marco Ricci - contrabbasso
Luca Gusella - marimba
Beppe Caruso -trombone e tuba
Roberto Martinelli - clarinetto e sax contralto


Inizio concerti ore 21.30 - Ingresso € 6,00 – abbonamento per le tre serate € 15,00

Informazione presso il Teatro del Popolo :
Via Palestro, 5 – Gallarate - Tel: 0331.784140
fondazione@comune.gallarate.it
info@centroespressionemusicale.com

18 settembre 2009

IL MINISTRO BRUNETTA E L'INVETTIVA CONTRO I MUSICISTI

Mi avevano descritto il video. E per quanto ero preparato, per quanto questi anni ci abbiamo preparato al delirio più assoluto non avrei mai pensato. Non siamo mai abbastanza pronti. La realtà ci sorpende sempre.
Cosa scrivere? Come commentare? Scriviamo al ministro Brunetta che per i citati Vivaldi e Mozart le cose non stavano esattamente come dice lui? Ci chiediamo se le risate di sottofondo siano risate di consenso o di spettatori increduli davanti alla follia? Ci mettiamo a spiegare ai nostri politici le politiche culturali che esistono in Francia, Germania, Norvegia, Svezia.
A quanto la musica sia aiutata da quei governi? Quanto la cultura abbia un significato nella coscienza e nella crescita di un Paese? Politiche culturali? Musica, arte e cultura come crescita civile?
Sono concetti vecchi e come dice Brunetta bisogna stare sul mercato e allora aspettiamo la prossima puntata di X FACTOR e che anche Vivaldi e Mozart si fottano!!!!


MY JAZZ IMMAGINI ED EMOZIONI





In questi giorni di pioggia che in maniera repentina ci traghettano dalla piena estate all’autunno torno alle pagine del mio blog. La tristezza mette voglia di suonare e quando è ancora più forte di scrivere. L’occasione, che è però tutt’altro che triste, è l’uscita del libro di fotografie “My Jazz – Immagini ed emozioni” dell’amico Patrizio Gianquintieri. Fotografie di musicisti di jazz. Musicisti in bianco e nero. Ora sempre più in nero, senza contorni e sfumature, annichiliti da un mondo sempre più lontano dall’importanza della musica. Basterà guardare il video del post successivo dedicato al discorso farneticante del ministro Brunetta sui musicisti per capire cosa intendo.
Ma torniamo al libro di Patrizio di cui senza vezzo ma con entusiasmo ho scritto un’introduzione. Un’occasione qui per riproporrvela sperando che faccia venire voglia a qualcuno di cercare il libro di Patrizio. Chi volesse scrivergli può farlo a gianquintieri@libero.it

Da “My jazz – immagini ed emozioni”


Conosco poco l’arte della fotografia. Ma da sempre sono convinto che esistono due modi, o meglio dire due livelli, di approcciare qualsiasi forma artistica: quella del tecnico che conosce ogni trucco, che vede al di là di dove vede la gente comune, e quella del fruitore curioso e sensibile che gode prevalentemente dell’effetto fascinoso e immaginifico e che spesso si fa coinvolgere dalla mediazione artistica avendo per essa sempre un grande rispetto.
I veri amanti della fotografia riescono a vivere i due momenti (e questo penso che sia la cosa più appagante ma richiede sacrifici e molta dedizione). I critici spesso, non sempre per fortuna, si avvalgono solo del primo livello: del tecnicismo, dimenticando il secondo livello che è quello dello stupore avviluppandosi su sé stessi in paginate di critica che spesso ci dicono poco.
Io ho imparato con le foto di Patrizio Gianquintieri a vivere il secondo livello di fruizione, quello dell’ incantamento e del mistero.
Sarebbe banale ma soprattutto errato dire che Patrizio riesce a cogliere l’attimo.
Le sue fotografie non rileggono l’istante del musicista ma ne danno una sua interpretazione, proprio come un jazzista davanti a un brano di Cole Porter o Duke Ellington.
Personalmente davanti alle sue foto che ritraggono John Hicks o Abdullah Ibrahim o Reggie Workman non riascolto la musica di questi grandi del jazz ma il modo di Patrizio d’interpretarla, sempre con grande rispetto per l’elemento originale che è il musicista e la sua musica, il musicista e il suo strumento, il musicista e il suo pubblico.
Patrizio reinterpreta senza snaturare, senza manipolare la sensazione del momento in un giusto equilibrio. Ecco perché per scrivere queste righe ho messo in sottofondo “Round Midnight” nella versione del quintetto di Miles Davis (cosa che non faccio mai perché non riesco a vivere la musica come un sottofondo), perché l’idea di equilibrio e di mistero nelle foto di Patrizio mi fanno pensare al modo in cui il grande Miles reinterpretava “Stella by Starlight”, “My Funny Valentine” o “Bye Bye Blackbird” .
Il genio di Miles stava nelle pause e nel caso di Patrizio, facendo le dovute proporzioni, nell’ombra, in quello che non si vede. In quella macchia scura intorno al musicista e al suo strumento.
Patrizio ed io ci siamo conosciuti grazie alle sue foto e alla mia musica, poi con il tempo ho imparato ad apprezzare anche l’uomo, il suo entusiasmo, la sua capacità di andare in profondità, pilotato solo dalle emozioni, da quello che sente sulla pelle.
Quando penso a lui a alle sue grandi passioni, che sono la fotografia e il jazz, non riesco a pensare a un professionista della fotografia ma penso sempre, e non so perché, a un anziano marinaio che tutti i giorni deve andare per mare perché il mare è la sua vita e soprattutto perché il vedere la costa dal mare aperto è la cosa che l’emoziona di più. Sempre di più.
Max De Aloe

29 dicembre 2008

GIOVANNI SOLLIMA E LA SUA MERAVIGLIOSA CURIOSITA’ CREATIVA

Giovanni Sollima. Un nome che ogni tanto mi riecheggiava nelle orecchie. Sapevo che era un violoncellista, ma non molto di più. Avevo sentito frettolosamente qualche brano tratto da un cd, ma mi era rimasto poco della sua musica. Non era sufficiente a dargli un significato. Così lo scorso 12 dicembre sono andato ad ascoltare il suo concerto “We were trees” al Teatro Condominio di Gallarate anche se con un po’ di timore. Non nego che avevo paura di trovarmi davanti un Giovanni Allevi al violoncello.
Invece sono rimasto assolutamente folgorato dalla sua musica.
Il progetto che presentava lo vedeva accompagnato dai Kaleidoskop Solistenensemble, un gruppo di giovanissimi e preparatissimi musicisti prevalentemente tedeschi. La maggior parte avranno avuto meno di 25 anni. Solo archi, sei violini, due viole, due violoncelli e un contrabbasso, diretti da Julian Kuerti.
Oltre a Sollima, come solista un altro violoncello, quello dell’altrettanto sorprendente Monika Leskovar .
Diverse sono le cose che mi hanno lasciato completamente esterrefatto in questo concerto.
Prima di tutto la capacità compositiva di Sollima che sembra aver veramente trovato un punto di unione non solo di diverse generi musicali, ma soprattutto di culture e arti differenti. Un melting pot che ti travolge e dove è lampante che commistione non fa rima con moda. In Sollima entrare e uscire da un genere all’altro non è mai pretestuoso o forzato come spesso, spessissimo accade. La sua musica ci fa sentire veramente in un terzo millennio musicale dove la grande tradizione della composizione classica si fonde con la musica etnica mentre la ripetitività di alcuni moduli del minimalismo del secolo scorso fanno da spunto a invenzioni che vanno a braccetto con il rock.
Non mancano virtuosismi su melodie arabeggianti per poi far spuntare echi di un pop alla Beatles.
E tutto presentato con sincerità. Mentre ascoltavo Sollima, che se la godeva sul palco con la sua musica, mi era lampante la sua formazione musicale.
Insomma attraverso la sua musica mi sembrava di conoscere questo musicista da sempre. Di rivederlo nella sua cameretta mentre studiava da ragazzino. Da una parte i vinili di Rostropovich e dall’altra i cd di Emerson, Lake e Palmer o dei Traffic. Gli studi classici, la composizione ma anche l’amore per altre musiche. Forse anche molti dissidi interni contro la rigidità del mondo della musica classica che ha comunque frequentato con successo e talento.
Un uomo che nella sua vita avrà sempre avuto curiosità per ogni forma di cultura: dal punk inglese al jazz.
Oltre al lato compositivo mi ha colpito il fatto indubbio che strumentalmente questo musicista è veramente bravo. Non c’è molto da dire. Io per anni mi sono emozionato nell’ascoltare il piglio sicuro del lettone Mischa Maiski, ma senza confronti, che non sono in grado di fare, il nostro Sollima non mi ha fatto avere rimpianti. In lui il virtuosismo non mi è sembrato mai fine a sé stesso. Arriva al pubblico abbandonando la ridondanza, la visione circernse, la noia di chi si suona addosso compiacendosi.
Terzo elemento che mi ha affascinato in questo concerto è il fatto che Sollima prenda di fianco a sé un’altra grande e virtuosa violoncellista, ma non per fare una gara e dimostrare al pubblico quanto sono bravi o addirittura per dimostrare che lei è brava, ma lui di più. L’obiettivo che traspare è solo quello di fare musica per emozionarsi ed emozionare: come Cannombal e Trane nel sestetto di Miles di “kind of blue”.
Quarto e poi basta, altrimenti sembra che Sollima sia mio cugino (anzi in realtà non ho avuto neanche il piacere di conoscerlo – anche perché dopo concerti così le parole sono inutili) è quanto sia capace di trasmettere positività ai giovani musicisti che suonano con lui. C’è concentrazione ma anche sorrisi, qualche risata e un affascinante trasporto. Tutto questo grazie anche all’energia del direttore dell’ensemble. Tutto molto autentico. Raro di questi tempi.
Come sapete non sono un critico musicale, ma solo un musicante che si limita ogni tanto a scrivere le proprie impressioni su questo blog, ma se vi capita, per quanto può valere il mio suggerimento, andate ad ascoltare questo progetto di Giovanni Sollima dal vivo.

Buon Anno a tutti
Max De Aloe


GIOVANNI SOLLIMA PLAYS JIMI HENDRIX

E ALLEVI RISPONDE A UTO UGHI

Ciao a tutti, ieri La Stampa di Torino ha pubblicato la risposta di Giovanni Allevi a Uto Ughi. Dal momento che avevo messo l'articolo del maestro Uto Ughi, mi sembra corretto mettere anche quello del maestro Giovanni Allevi. E poi basta che mi sono rotto!

Pace e bene



"Caro Ughi, lei difende
soltanto la sua Casta"


La replica di Allevi al violinista: «Da lui un attacco cieco e violento»
di GIOVANNI ALLEVI
ROMA
Sono uscito dal Senato alle 15.30, con in tasca una cravatta rossa. Me l’ha regalata un bambino, che era venuto con i genitori per assistere al concerto: «Tienila Giovanni, è tua. L’ho messa per te, per la prima volta in vita mia». Fuori, con mia grandissima sorpresa, ho trovato una grande folla radunata davanti Palazzo Madama, per salutare me e i professori d’orchestra. Ecco, Maestro Ughi, queste sono le immagini indelebili, che resteranno scritte nel mio cuore, indissolubilmente legate a quel concerto. Ora, proprio su questo tavolino, c’è un foglietto spiegazzato con sopra un autografo. Certo, in questi ultimi anni ho avuto l’onore di firmarne tanti. Ma quello che ho qui con me, l’ho voluto io. È l’unico autografo che abbia mai chiesto a un artista. Quella sera di dieci anni fa, me ne tornai al mio monolocale da una gremita Sala Verdi del Conservatorio di Milano, con in tasca quel foglietto, come fosse un gioiello. Non era stato facile nemmeno raggiungere il camerino dell’artista, per un nessuno come me, un anonimo studente in Composizione. Io non avevo amicizie influenti, a stento arrivavo alla fine del mese, affrontavo grandi sacrifici per diplomarmi in Composizione e il biglietto del concerto l’avevo pagato. Ma ora avevo l’autografo di uno dei più valenti violinisti del mondo: lei, Maestro Ughi.

Come ha potuto farmi questo? Come ha potuto sputarmi addosso tanto veleno, proprio il giorno della Vigilia di Natale? Lei si ritiene offeso, e di cosa? Come fa una musica a offendere, se è scritta e suonata con tutta l’anima? Una musica strumentale senza parole? Secondo lei, io non sarei degno di essere ammesso in Conservatorio. In realtà vi ho trascorso i miei migliori anni preparandomi a diventare, con cura, impegno e passione, un compositore di musica contemporanea. Sono diplomato in Pianoforte con 10/10. Sono diplomato in Composizione col massimo dei voti. Ho pubblicato le mie partiture musicali. Sono un dottore in Filosofia, laureato con Lode e ho pubblicato i miei scritti. Il mondo della musica classica è malato. Lei è uno dei pochissimi che è riuscito a viverlo da protagonista, ma forse non immagina cosa vuol dire studiare anni e anni uno strumento musicale per arrivare, sì e no, a insegnare in una scuola privata.

E così, a spartirsi la torta del potere musicale sono in pochi, una casta, impegnata a perpetrare la propria concezione dell’arte e la propria esistenza. È una lobby di potere fatta di protettori e protetti, nascosti nelle stanze di palazzi per molti irraggiungibili. Dalla casta emerge sempre lo stesso monito: «La gente è ignorante, noi siamo i veri detentori della cultura». Ma proprio nelle aule del Conservatorio, analizzando le partiture dei grandi del passato, e confortato dal pensiero di Hegel nella Fenomenologia, ho maturato il convincimento che ogni epoca abbia diritto alla sua musica. Perché costringere il pubblico del nostro tempo a rapportarsi solo a capolavori concepiti secoli fa, e perdere così l’occasione di creare una musica nuova, verace espressione dei nostri giorni, che sia una rigorosa evoluzione della tradizione classica europea? La musica cosiddetta «contemporanea», atonale e dodecafonica, in ogni caso non è più tale, perché espressione delle lacerazioni che agitavano l’Europa in tempi ormai lontani. Ecco allora il mio progetto visionario. È necessario uno sforzo creativo a monte, piuttosto che insistere solo sull’educazione musicale, gettando le basi di una nuova musica colta contemporanea, che recuperi il contatto profondo con la gente. Ho provato a farlo, con le mie partiture e i miei scritti. È stato necessario.

Ci sono voluti altri dieci anni, oltre i venti di studi, e il risultato, per nulla scontato, è stato deflagrante: il pubblico, soprattutto giovane, è accorso ai miei concerti, di pianoforte solo o con orchestra sinfonica, come fossero eventi rock, a Roma e a Milano come a Pechino, New York e Tokyo. Quella musica parla al cuore ma il suo virtuosismo tecnico e soprattutto ritmico richiede esecutori di grande talento. È una musica colta che non può prescindere dalla partitura scritta e che rifiuta qualunque contaminazione, con le parole, con le immagini, con strumenti musicali e forme che non siano propri della tradizione classica. Centinaia di giovani mi scrivono che, sul mio esempio, sono entrati in Conservatorio per studiare uno strumento o per intraprendere la via creativa della composizione. Come la storia dell’Estetica musicale insegna, in tutte le epoche ogni idea nuova ha dovuto faticare per affermarsi, divenendo poi, paradossalmente, la «regola» per i posteri. Quello che è certo è che quando il nuovo avanza fa sempre paura. Da amante di Hegel, quindi, sapevo benissimo che l’ondata di novità avrebbe mandato in crisi il vecchio sistema e che i sacerdoti della casta, con i loro adepti, non potendo riconoscere su di me alcuna paternità, avrebbero messo in atto una criminale quanto spietata opera di «crocifissione di Allevi». «Il suo successo mi offende...», «Le composizioni sono musicalmente risibili...», «È un nano...», ma l’assunto più grave che circola è: «Allevi approfitta dell’ignoranza della gente, attraverso una furba operazione di marketing». Niente di più falso! La mia è una musica classica, perché utilizza il linguaggio colto, la cui padronanza è frutto di anni di studio accademico. La mia è una musica nuova perché contiene quel sapore, quella sensibilità dell’oggi, che nessun musicista del passato poteva immaginare.

«Ogni mattina, quando si leva il sole, inizia un giorno che non ha ancora mai vissuto nessuno», afferma il teologo David Maria Turoldo. La mia non è una musica pop, perché non contempla alcun cantante, alcuna chitarra elettrica e batteria e non usa la tradizione orale, o una scrittura semplificata come mezzo di propagazione. Non c’è alcuna macchinazione, tutto è assolutamente limpido e puro: le persone spontaneamente hanno scelto di seguirmi. Ma bisogna smettere di ritenere ignorante la gente «comune». Il pubblico cui si rivolgeva Mozart nel XVIII secolo era forse più colto del nostro? Mai in Italia ci sono stati tanti studenti di musica come in questi tempi. Se la mia musica l’avesse infastidita, Lei poteva semplicemente cambiare canale. E invece, esprimendo un parere del tutto personale, si è voluto erigere a emblema di un mondo ferito, violento e cieco.

Non sono un presuntuoso, semmai un sognatore, e la mia musica, assieme alle mie intuizioni estetiche, non hanno mai voluto offendere nessuno. Io, a differenza di lei, non ricopro nessun ruolo istituzionale, non ho fatto intitolare nessun Festival a mio nome, non ho potere alcuno nel cosiddetto «mondo della musica», ma ciononostante mi si accusa di essere in un luogo, il cuore di centinaia di migliaia di persone, dove altri vorrebbero essere. Alla luce delle sue parole, sembra paradossale che lei sia Presidente dell’Associazione «Uto Ughi per i giovani». Il grande Segovia diceva: «I giovani compositori hanno fatto la mia fortuna, io la loro». Invece Lei ha scelto la via facile dell’ostruzionismo, dall’alto della sua conclamata notorietà. Quel suo autografo che ho sempre conservato gelosamente, dopo tanti anni, per me ora non conta più niente.

25 dicembre 2008

UTO UGHI VERSUS GIOVANNI ALLEVI

Ciao a tutti. Riporto per intero l'intervista fatta al grande violinista Uto Ughi uscita su "LA STAMPA" di mercoledì 24 dicembre 2008.
Il nostro Uto Ughi non c'è andato leggero. E che i fans del pianista riccioluto che compone durante le crisi di panico non ne abbiano male. E' solo invidia. Anche Uto Ughi vorrebbe dei riccioli così :-)

UTO UGHI "Il successo di Allevi? Mi offende"


«Presuntuoso e mai originale»
di SANDRO CAPPELLETTO

Che spettacolo desolante! Vedere le massime autorità dello Stato osannare questo modestissimo musicista. Il più ridicolo era l’onorevole Fini, mancava poco si buttasse in ginocchio davanti al divo». Uto Ughi non ha troppo apprezzato il concerto natalizio promosso dal Senato della Repubblica che ha avuto come protagonista il pianista Giovanni Allevi. Il nostro violinista lo ha ascoltato - «fino alla fine, incredulo» - dalla sua casa di Busto Arsizio e ne è rimasto «offeso come musicista. Pianista? Ma lui si crede anche compositore, filosofo, poeta, scrittore. La cosa che più mi dà fastidio è l’investimento mediatico che è stato fatto su un interprete mai originale e privo del tutto di umiltà. Il suo successo è il termometro perfetto della situazione del Nostro Paese: prevalgono sempre le apparenze».

Che cosa più la infastidisce di Allevi: la sua musica, le sue parole? «Le composizioni sono musicalmente risibili e questa modestia di risultati viene accompagnata da dichiarazioni che esaltano la presunta originalità dell’interprete. Se cita dei grandi pianisti del passato, lo fa per rimarcare che a differenza di loro lui è "anche" un compositore. Così offende le interpretazioni davvero grandi: lui è un nano in confronto a Horowitz, a Rubinstein. Ma anche rispetto a Modugno e a Mina. Questo deve essere chiaro».

Come definire la sua musica? «Un collage furbescamente messo insieme. Nulla di nuovo. Il suo successo è una conseguenza del trionfo del relativismo: la scienza del nulla, come ha scritto Claudio Magris. Ma non bisogna stancarsi di ricordare che Beethoven non è Zucchero e Zucchero non è Beethoven. Ma Zucchero ha una personalità molto più riconoscibile di quella di Allevi».

C’è più dolore che rabbia nelle sue parole. «Mi fa molto male questo inquinamento della verità e del gusto. Trovo colpevole che le istituzioni dello Stato avvalorino un simile equivoco. Evidentemente i consulenti musicali del Senato della Repubblica sono persone di poco spessore. Tutto torna: è anche la modestia artistica e culturale di chi dirige alcuni dei nostri teatri d’opera, delle nostre associazioni musicali e di spettacolo a consentire lo spaventoso taglio alla cultura contenuto negli ultimi provvedimenti del governo. Interlocutori deboli rendono possibile ogni scempio, hanno armi spuntate per fronteggiarlo».

Che opinione ha di Allevi come esecutore? «In altri tempi non sarebbe stato ammesso al Conservatorio».

Lui si ritiene un erede e un profondo innovatore della tradizione classica. «Non ha alcun grado di parentela con la musica che chiamiamo classica, né con la vecchia né con la nuova. Questo è un equivoco intollerabile. E perfino nel suo campo, ci sono pianisti, cantanti, strumentisti, compositori assai più rilevanti di lui».

Però è un fenomeno mediatico e commerciale assai rilevante. «Si tratta di un’esaltazione collettiva e parossistica dietro alla quale agisce evidentemente un forte investimento di marketing. Mi sorprende che giornali autorevoli gli concedano spazio, spesso in modo acritico. Anche Andrea Bocelli ha un grande successo, ma non è mai presuntuoso quando parla di sé. Da musicista, conosce i propri limiti».

Allevi è giovane. Non vuole offrirgli qualche consiglio?
«Rifletta tre volte prima di parlare. Sia umile e prudente. Ma forse non è neppure il vero responsabile di quello che dice».

C’è un aspetto quasi messianico in alcune sue affermazioni, in questa autoinvestitura riguardo al proprio ruolo per il futuro della musica. «Lui si ritiene un profeta della nuova musica, parla come davvero lo fosse. Nuova? Ma per piacere!».

Ma come interpretare questo suo oscuro annuncio: «La mia musica avrà sulla musica classica lo stesso impatto che l'Islam sta avendo sulla civiltà occidentale?» «Evidentemente pensa che vinceranno Allevi e l’Islam. Vi prego, nessuno beva queste sciocchezze».

27 novembre 2008

ALBERTO BORSARI , L'ULTIMA JAM

Solo oggi ho scoperto in modo assolutamente fortuito che più di un mese e mezzo fa è morto Alberto Borsari. Le notizie dai blog riportano in internet la data della sua morte: l'11 ottobre.
Alberto Borari è stato uno dei più grandi armonicisti jazz, e non solo italiani. Tecnica sopraffina, grande conoscenza armonica, un meraviglioso suono.
Ho visto due suoi concerti: uno al mitico Capolinea, nella seconda metà degli anni '90 e un'altro allo Villa Reale di Monza insieme a Silvia Donati, una delle cantanti più talentuose del nostro jazz. Meravigliosi i suoi cd "2-5-1" e "Alfonsina y el mar". Una notizia che m'intristisce moltissimo. Anche se ci siamo incontrati una sola volta, più di dieci anni fa, c'era una passione e una vita spesa per lo stesso strumento che solo ora capisco che ci accomunava più di quello che avrei mai immaginato.
Grazie per la tua musica.
Un tuo fan






2 ottobre 2008

LIRICO INCANTO




Carissimi amici frequentatori di blog, oggi 2 ottobre esce nei negozi il mio nuovo cd dal titolo "Lirico Incanto". E' un omaggio ad alcune arie d'opera di Puccini, Verdi e Leoncavallo suonate secondo il mio modo di "sentire" e quello dei meravigliosi compagni di questo viaggio musicale che sono Roberto Olzer al pianoforte, Marco Mistrangelo al contrabbasso e Nicola Stranieri alla batteria.

Paolo Fresu ci ha regalato delle meravigliose note di copertina che trovate oltre che nel cd anche riportate qui sotto.
Spero che ascoltiate "Lirico Incanto" o di vedervi a qualche nostro concerto.
Sul mio nuovo sito trovate anche le date di varie interviste radiofoniche e concerti trasmessi.
Buona Musica, max








LINER NOTES DI LIRICO INCANTO - A CURA DI PAOLO FRESU

Da diversi anni il jazz italiano si interroga sulla propria identità e traduce questa curiosità in musica di qualità. Ci si interroga sempre più spesso su quello che deve essere il rapporto tra contemporaneità e tradizione e su quel senso attuale di un jazz che deve essere dinamico ed in movimento perenne.
Non è difficile del resto individuare nel nostro patrimonio cultural-musicale cibo vitale per alimentare il famelico bisogno di stimoli e sono sempre più convinto che il successo del jazz italiano all’estero derivi da questa sua capacità di relazionarsi con il vasto repertorio della propria storia che, rispetto ad altre nazioni europee, è molto più ricco ed eterogeneo.
Di certo l’Opera è una tradizione forte e radicata che finalmente si esprime anche fuori dai luoghi intoccabili. Se i teatri lirici sembrano voler restare delle roccaforti inespugnabili i supporti dell’home video, le numerose riviste specializzate ed alcuni artisti illuminati hanno contribuito a ridare all’Opera quell’idea di popolare che questa incarnava qualche secolo fa e che sembra essere molto vicina al percorso del jazz che nasce negli anni venti - anch’esso come espressione popolare – diventando successivamente arte elitaria fino a riconquistare oggi il suo carattere originario.
Si potrebbe riflettere a lungo sulle connessioni storiche e culturali di questi due linguaggi apparentemente lontani tra loro ma si scopre che in fondo i punti in comune sono molti.
Già nell’Ottocento la tradizione musicale italiana era fortemente influenzata delle arie dei cantanti virtuosi ed è grazie a ciò che si sviluppa quella musica partenopea che rafforza quel luogo comune dell’Italia come paese del Belcanto.
Se è vero che i primi musicisti di jazz erano di origine italiana è altrettanto vero che Bix Beiderbecke pare essere stato molto attratto da tutta la musica operistica come del resto molti dei suoi colleghi di allora. Se questa nuova musica nasce e si sviluppa in America attraverso l’incontro-scontro dei ritmi africani con la melodia europea questa è di certo quella proveniente dalla tradizione bandistica. Quella degli ottoni e dei fiati che reinterpretavano a loro modo quelle arie di cui si è già parlato.
Il jazz è allora figlio dell’Opera? Forse non completamente ma è certo che le relazioni tra i due linguaggi sono molte.
Trattare oggi il repertorio operistico non è dunque strano anche se potrebbe risultare complesso. L’intrigante operazione fatta da Max De Aloe non è nuova dunque ma è nuovo ed interessante il modo con il quale l’armonicista si avvicina a tale materia trattandola con attenzione e con rispetto.
In LIRICO INCANTO i temi sono eseguiti con quell’approccio filologico che ne fa risaltare l’aspetto drammatico e con quel rigore che ne amplifica le qualità melodiche ed armoniche senza che questo comprometta il delicato rapporto tra scrittura ed improvvisazione.
Trattasi di un vero disco di jazz ed in quanto tale l’ambizione al voler modificare la forma originale della musica poteva essere forte. Max De Aloe ha viceversa compreso che jazz e Opera sono legati da quel sottile filo fatto di storia e di cultura, di migrazioni e di linguaggi che hanno unito i Continenti ben prima che trombe e sassofoni invadessero le strade di New Orleans. Per questo, assieme ai colleghi di questo stupendo viaggio musicale, ha colto nelle belle melodie di Leoncavallo, Verdi e Puccini l’essenza di una musica che vuole, come da sempre è stato, parlare al mondo di una umanità viva e dinamica. Umanità che ha portato la musica fuori dai confini italiani e che oggi ce la rimanda carica di echi e riverberi d’oltreoceano.
LIRICO INCANTO è musica limpida come l’aria. Musica raffinata e coesa che sa di lirismo e di melodia. La stessa che da qualche centinaia di anni rappresenta magnificamente ciò che noi siamo al di la dei generi e degli stili.

Paolo Fresu
Dunkerque, Aprile 2008



1 ottobre 2008

GALLARATE JAZZ FESTIVAL 2008





Si potrebbe definire un festival tra sospeso tra tradizione e innovazione quello che realizziamo da sei anni a Gallarate con passione e rispetto per una musica, il jazz, che vanta un’affascinante storia di quasi un secolo ma che nello stesso tempo ha nel suo dna sperimentazione, innovazione e progettualità. La voglia di rischiare e di contaminare generi musicali differenti è l’elemento primario e vitale del jazzista e questo festival ne vuole premiare il suo coraggio artistico. Un programma quindi che non vuole rivolgersi agli “addetti ai lavori” ma che ha l’ambizione di coinvolgere i neofiti ed avvicinare un nuovo pubblico a questa meravigliosa musica.
L’apertura di questa sesta edizione, venerdì 10 ottobre 2008, sarà riservata a uno dei più importanti jazzisti contemporanei: il pianista inglese John Taylor. Da anni considerato tra i più significativi pianisti al mondo, John Taylor ci regalerà un concerto con la cantante italiana Diana Torto, ormai da alcuni anni considerata dalla critica jazzistica tra le più interessanti cantanti della scena europea.
John Taylor ha iniziato la sua carriera alla fine degli anni sessanta suonando con John Surman e diventando poi uno degli esponenti di punta della casa discografica ECM, forse la più blasonata etichetta di jazz al mondo. Il suo nome si lega negli anni a musicisti come Norma Winstone, Kenny Wheeler, Ralph Towner, Jan Garbarek, Enrico Rava, Gil Evans, Lee Konitz, Charlie Mariano, Miroslav Vitous e molti altri.
Ma la prestigiosa presenza di John Taylor a questo festival non sarà relegata al suo concerto serale ma nel pomeriggio il pianista terrà un seminario gratuito aperto a tutti i musicisti che vogliano partecipare (modalità d’iscrizione a seguire).
La serata di venerdì proseguirà con il concerto di Enzo Favata, Daniele Di Bonaventura e U.T. Gandhi. Tre meravigliosi e affermati jazzisti italiani che in questo loro progetto dal titolo Inner Roads uniranno il jazz agli umori e alle radici della musica del mediterraneo. Raffinati esecutori ed intelligenti improvvisatori questi tre artisti si muovono a loro agio tra acustico ed elettronico, tra improvvisazione radicale e strutture melodiche mai scontate, dando prova di una maturità musicale e una cifra stilistica che ha già collocato il trio in una dimensione internazionale.
Sabato 11 ottobre 2008, come è nella tradizione del Gallarate Jazz Festival, la mattinata è dedicata agli studenti delle scuole superiori cittadine con una nuova produzione realizzata appositamente per loro. Lo spettacolo, tra musica e video, dal titolo Percorso verso x, è realizzato dal percussionista e didatta Massimiliano Varotto, il regista cinematografico Alessandro Leone e l’ensemble di percussioni Danno Compound.
Il doppio concerto serale vedrà la partecipazione del Marta Raviglia Quartet, giovane quartetto della provincia romana alla loro prima incisione discografica dal titolo Spiral Tales. Una musica di grande qualità in grado di sorprendere a testimonianza che il buon jazz non si lega solo e necessariamente ai soliti e blasonati nomi.
A seguire uno dei progetti indubbiamente più affascinanti oggi in Italia, il nonetto capitanato dal batterista Ferdinando Faraò ispirato alla figura carismatica e alle opere del pittore statunitense Jackson Pollock. Per questo progetto il batterista milanese si è avvalso della collaborazione di alcuni tra i più valenti jazzisti italiani con una formazione originale che vedrà in scena due contrabbassi, due trombe, due tromboni e due sassofoni.
"La musica di questo nuovo progetto – spiega Faraò - è nata dal desiderio di realizzare una sorta di “sound painting” che prendesse spunto dall'arte di Pollock e in particolare da quella corrente d'avanguardia che a partire dagli anni '40 del secolo scorso sviluppò un nuovo modo di dipingere nell'ambito della pittura informale americana che prese il nome di "action painting".
Sabato, la musica terminerà solo a notte inoltrata perché a conclusione dei concerti inizierà nel ridotto del Teatro Condominio Vittorio Gassman una jam-session aperta a tutti i musicisti e naturalmente al pubblico più nottambulo e curioso. Questo per non dimenticare che, se da una parte un festival ha l’obbligo di premiare progetti musicali consolidati, dall’altra deve portare avanti una tradizione jazzistica che vede nella jam-session il momento d’incontro estemporaneo e libero tra i musicisti. Un momento di musica insieme che vedrà sullo stesso palco musicisti affermati e colleghi più giovani e meno esperti.

Domenica 12 ottobre 2008 alle ore 11.00 tradizionale concerto alla Galleria d’Arte Moderna di Gallarate con un duo che vede l’hammondista Alberto Gurrisi con il chitarrista Luciano Zadro, musicista vanto del jazz della nostra provincia riconosciuto in campo europeo. Un piacevole concerto attraverso gli standard più conosciuti dagli amanti del jazz.
In serata, sullo palco del Teatro Condomino Vittorio Gassman, verrà dedicato un piccolo spazio alla storia del Jazz Club di Gallarate che tra i primi anni Settanta e l’inzio degli anni Ottanta portò a Gallarate grandi nomi del jazz internazionale come Chet Baker, Gerry Mulligan, Art Blakey and the Jazz Messengers, Ahmad Jamal, Kay Winding, Mingus Dinasty, ecc.
Chiuderà il festival un omaggio al grande Chet Baker, nel ventennale della sua scomparsa. Sul palco il quartetto della cantante toscana Anna Maria Castelli accompagnata da Simone Guiducci, uno tra i chitarristi più affascinanti e originali del nostro jazz, e da Carmelo Leotta al contrabbasso. Alla tromba un vero e proprio fuoriclasse dello strumento, lo statunitense Kyle Gregory, note per le sue prestigiose collaborazioni al fianco di mostri sacri della musica internazionale come Liza Minnelli, The Temptations, J.J. Johnson e Bob Mintzer.
Di grande prestigio la mostra fotografica di Roberto Cifarelli, tra i più accreditati fotografi di eventi jazz in Italia. Sarà originale anche la modalità di fruizione della mostra in quanto le foto di questo artista (noto per aver realizzato foto per eventi live e cd dei più importanti jazzisti mondiali) verranno videoproiettate in sala all’inizio di una ogni serata del festival.
I concerti di venerdì 10 ottobre verranno aperti dalla videoproiezione della mostra dal titolo 5 anni 27 concerti .....99 immagini dedicata alla storia del Gallarate Jazz Festival. Le successive due serate vedranno rispettivamente la presentazione della mostra I musicisti si ascoltano e per finire Fuori di palco.

Max De Aloe


°La frequenza al seminario di John Taylor è gratuita e aperta a tutti i musicisti di ogni livello, età e strumento. Gli interessati dovranno iscriversi preventivamente semplicemente mandando una mail con i propri dati anagrafici e il proprio il numero di telefono a info@centroespressionemusicale.com entro l’ 8 ottobre 2008.



TEATRO CONDOMINIO VITTORIO GASSMANN
GALLLARATE JAZZ FESTIVAL – quinta edizione

Inizio concerti ore 21.30 - Ingresso € 5,00 – abbonamento per le tre serate
€ 12,00


A cura del Comune di Gallarate – Assessorato alla Cultura
Eventi Collaterali e coordinamento tecnico – Fondazione Culturale “1860 Gallarate Città”
Direzione Artistica: Centro Espressione Musicale – Gallarate



VENERDI’ 10 OTTOBRE 2008

Ore 17.00 – Teatro Condominio Vittorio Gassman
SEMINARIO CON JOHN TAYLOR
Aperto a tutti gli strumentisti (previa iscrizione gratuita)


Ore 21.30 – Teatro Condominio Vittorio Gassman

DIANA TORTO JOHN TAYLOR DUO
Diana Torto voce
John Taylor pianoforte


INNER ROADS
ENZO FAVATA, DANIELE DI BONAVENTURA, U.T. GANDHI
Enzo Favata sax soprano e tenore, clarinetto basso, duduk mohozenho, benas, live electronics
Daniele Di Bonaventura bandoneon, pianoforte, live electronics
U.T. Gandhi batteria, samplers, live electronics


SABATO 11 OTTOBRE 2008

Ore 10.30 – Teatro Condominio Vittorio Gassman

“PERCORSO VERSO X”
Spettacolo video musicale realizzato dall’ensemble ritmico Danno Compound
Massimiliano Varotto direzione musicale
Alessandro Leone regia video

Riservato agli studenti delle scuole superiori di Gallarate

Ore 21.30 – Teatro Condominio Vittorio Gassman


MARTA RAVIGLIA QUARTET

Marta Raviglia voce - phrase sampler
Simone Sbarzella pianoforte
Stefano Cantarano contrabbasso
Alessio Sbarzella batteria




FERDINANDO FARAÒ "POLLOCKSUITE" NONET

Giulio Martino sax tenore e soprano
Germano Zenga sax tenore - soprano
Luca Calabrese tromba e flicorno
Giovanni Falzone tromba
Michele Benvenuti trombone
Beppe Caruso trombone
Yuri Goloubev contrabbasso
Tito Mangialajo Rantzer contrabbasso
Ferdinando Faraò batteria

Ore 00.30 – Ridotto del Teatro Condominio Vittorio Gassman

“ ‘Round Midnight in Jazz Jam”
A fine concerti Jam Session nel ridotto del teatro


DOMENICA 12 OTTOBRE 2008

Ore 11.00 – Galleria d’Arte Moderna
(Viale Milano, 21 – Gallarate)

ZADRO – GURRISI DUO
Luciano Zadro chitarra
Alberto Gurrisi organo hammond

Ore 21.30 – Teatro Condominio Vittorio Gassman


ANNAMARIA CASTELLI QUARTET
presenta “Chet”
Un omaggio al grande Chet Baker nel ventennale della sua scomparsa

Anna Maria Castelli voce
Kyle Gregory tromba
Simone Guiducci chitarra
Carmelo Leotta contrabbasso


Nelle tre serate del festival apertura dei concerti con videoproiezione delle fotografie di Roberto Cifarelli


Concerti serali al Teatro Condominio Vittorio Gassman ore 21.30 – ingresso € 5,00 – abbonanento per le tre serate € 12,00 - Tutti gli altri eventi sono ad ingresso gratuito

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